Chiunque s’intenda un po’ di architettura sa che Antoni Gaudì ha lasciato a Barcellona sei case: la casa Vicens, la casa Güell, la casa Calvet, la casa Bellesguard, la casa Batllò e la casa Milà. Ci sono anche il Colegio Teresiano che è un convento, la Sagrada Familia che è una chiesa e il Parc Güell che è un parco, ma le case sono sei. O almeno, così si crede.
Ho sempre adorato il Modernismo Catalano in generale e Antoni Gaudì in particolare. Per avere un’idea della grandezza di Gaudì, prendete la sua prima casa, ossia la casa Vicens, e confrontatela con l’opera di quello che è considerato il secondo architetto catalano in ordine d’importanza, Lluis Domenech i Montaner (scritto con la “i” semplice così i nostri amici catalani eviteranno di saltare fino al soffitto come fanno quando vedono l’odiata “y” castigliana). Capirete subito che Gaudì ha cominciato dove Domenech ha finito. Come succede con tutti i grandi, per lui il punto di arrivo degli altri è il punto di partenza. Che cos’ha in comune il Gaudì spigoloso della casa Vicens, tutto citazioni accademiche per quanto trattate in modo geniale (c’è il gotico, il moresco, il barocco, il veneziano) con quello naturalista della casa Milà, una fantastica roccia sottomarina che sfida tutte le le leggi della statica?
Amo Gaudì di un amore folle, direi quasi... atavico, ed è per questo che voglio raccontarvi la mia straordinaria avventura. Mentre passeggiavo in un vicolo oscuro del Barrio Gotico, pardon, il Barri Gotic di Barcellona, il mio sguardo è caduto su un’insegna che diceva “Bouquineria”. Bouquin, per chi non lo sapesse, in francese significa “libro” e spesso “vecchio libro”; infatti i rivenditori di libri usati si chiamano bouquinistes. Così questo bouquiniste ispanizzato ha attirato la mia attenzione e sono entrato nella bottega, anche perché ho sempre pensato che nelle rivendite di libri usati si ascolta il cuore di una città.
Ho sentito subito quel profumo di vecchi libri che per qualcuno è più inebriante di mezzo litro di Chanel N° 5. Quando il mio sguardo si è abituato alla penombra, mi sono visto circondato da pile di libri e di riviste. Erano ammucchiati così, sul pavimento e anche sugli scaffali, ma soprattutto sul pavimento, evidentemente per causa di forza maggiore, considerato il fatto che la bottega sembrava arredata in modo sommario. Ho preso distrattamente un libro dalla copertina istoriata stile art nouveau e ho sbirciato il titolo: Historia de la Gran Bailadora Flamenca La Chunga, Valencia, 1908. Ne ho preso un altro: 15 Fotografias Esteroscopicas del Monasterio de Veruela, Barcelona 1920.
Ho continuato a esaminare i libri, notando che erano tutti stati pubblicati fino agli anni Venti. Sembrava che in quel posto gli anni Trenta non fossero mai arrivati. Eppure non aveva niente di sofisticato, non sembrava un bouquinista di lusso che vendesse libri rari. No, era come un libraio degli anni Venti che vendesse dei libri usati della sua epoca, soltanto un po’ più polverosi e ingialliti.
Mentre mi chiedevo la ragione di quello strano limite cronologico, mi sono accorto di non essere solo.
Se ne stava in un angolo buio, ecco perché era sfuggito alla mia attenzione. Ma ora i miei occhi si erano abituati all’oscurità e potevo distinguere la sua forma. Un corpo robusto di statura media, una barba nera come l’inchiostro che contornava la bocca disegnando un paio di baffi, un naso diritto, due occhi neri. Ma mi ha colpito soprattutto la pelle. Era bianca come quella di un Pierrot, bianca come se fosse infarinata, bianca come se nelle vene scorresse latte.
Il suo sguardo era fisso su di me. Mi guardava in uno strano modo, come se la mia vista gli evocasse un'emozione che faticava a controllare. Mi sono sentito a disagio e ho pensato di lasciare la bottega, ma la sua voce mi ha fermato.
- Per favore, potrebbe dirmi il suo nome?
Aveva parlato in castigliano ed era una fortuna, altrimenti non lo avrei capito. Il catalano non è mai stato il mio forte. In ogni caso non vedevo perché dovessi soddisfare la sua richiesta. Da quando i librai facevano controlli d'identità?
- Perché? - ho chiesto.
- Me lo dica - ha insistito lui, poi ha aggiunto una frase che sembrava la Scommessa di Pascal. - Se me lo dice, avrà tutto da guadagnare e niente da perdere.
Ho riflettuto un momento. Be', forse non aveva tutti i torti. Forse c'era un premio per i clienti con il mio nome. Cosi' gliel'ho detto.
La strana emozione che avevo notato prima mi è parsa diventare più intensa. Il libraio mi ha guardato ancora un momento, poi ha mormorato torno subito ed è scomparso oltre una porticina nell'ombra. E' tornato con quella che sembrava una vecchia rivista.
Me l'ha data e ho guardato la copertina: Cuadernos de Arquitectura, 1927-28. L’ho sfogliata e ho notato un articolo: Obras de Antonio Gaudì y Cornet en Barcelona. L’articolo cominciava così: L’illustrissimo architetto don Antonio Gaudì, tragicamente scomparso l’anno scorso in seguito all’investimento di un tram della linea 17 mentre lasciava il cantiere della Sagrada Familia, ha lasciato in Barcellona una chiesa, un parco, un convento e sette case di abitazione....
- C’è un errore - ho fatto notare al libraio. - Qui c’è scritto che Gaudì ha lasciato a Barcellona sette case, ma in realtà sono sei.
- Sono sette - ha replicato il libraio.
- Come, sette?- ho ribattuto. - Sono sei, lo sanno anche i bambini di due anni.
Il libraio mi ha fissato un momento in silenzio con quegli occhi neri e penetranti che sembravano trapanarmi il cervello. Le sue parole successive mi hanno provocato la seguente reazione, che cercherò di descrivere con la maggiore fedeltà possibile, anche se non riuscirò certamente a darvi la più pallida idea della mia emozione di quel momento: un tuffo al cuore seguito da un’improvvisa accelerazione del battito cardiaco e uno strano brivido, come se la temperatura in quella botteguccia fosse scesa all’improvviso di dieci gradi.
- No, sono sette. Ma la settima non la conosce nessuno.
E’ seguita una lunga pausa di silenzio mentre afferravo il significato delle sue parole e mi riprendevo abbastanza da poter emettere la voce.
- Come si può nascondere una casa? - ho protestato alla fine. - Non è un oggetto che si possa mettere in tasca. E non si può nemmeno spostare. Una volta costruita, deve restare dov’è.
Che cosa pensate che potesse rispondermi? “L’hanno impaccata come fa Christo, è coperta di cartelloni pubblicitari, sparisce dietro le fronde di un platano gigante (più o meno come la casa Batllò che infatti è difficilissima da fotografare), è stata bombardata da un Messerchmitt durante la guerra civile." No, niente di tutto questo. Vi sembrerà strano, ma mi ha risposto con un’altra domanda. E non un domanda qualsiasi. Fra tutte le domande possibili, quel tizio ha scelto la più assurda, surreale, bizzarra, incongrua, balorda che si potesse immaginare.
- Potrebbe dirmi il nome della sua bisnonna?
.
(continua)
Dragor
Questa è poesia...
Tesea
Scritto da: Tesea | 12/12/06 a 11:11
Dragor aspetto il seguito...!
Scritto da: irenespagnuolo | 12/12/06 a 11:19
continua quando?
Scritto da: matzudaira | 12/12/06 a 13:04
IL SEGUITO SARA' PUBBLICATO DURANTE IL WEEKEND
Ciao a tutti
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 12/12/06 a 14:47
La settima casa di Gaudí sta al Nord, in una città chiamata Comillas ed è una casa surreale, tutta tappezzata di piastrelle con girasoli.
Ciao
Scritto da: Maria Paola | 12/12/06 a 16:42
Sei bravissimo,non avevo dubbi.Non è vero che con la tua scrittura non sei riuscito a comunicare emozioni.Le foto se le hai scattato tu sono molto belle e suggestive.E' un regalo che ci hai e mi hai fatto.Se non ricordo male tua madre era o è spagnola.Credo di aver capito chi possa essere l'omino.Continua, ti leggerò con interesse.Marianna
Scritto da: marianna | 12/12/06 a 17:35
Cara Maria Paola, Gaudi' ha costruito case in altre città, ma a Barcellona ne ha lasciate sei. O almeno, cosi' si crede...
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 12/12/06 a 19:31
Grazie, cara Mariana. Il bello deve ancora venire...
Ciao!
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 12/12/06 a 19:32
e adesso mi addormenterò con questa domanda, ma siamo solo a martedì, non puoi scriverla prima?? :))))
E' superfluo dirti che amo immensamente i colori di Barcellona e Gaudì. Credo che le foto più belle della mia vita le ho scattate qui.
Buona notte Dragor :))
Scritto da: Genny.c | 12/12/06 a 22:49
Ciao Dragor, bellissimo racconto, l'ho letto d'un fiato. Mi piace molto lo stile di Gaudì e adoro Barcellona Sono curiosa di leggere la continuazione
Pinky
Scritto da: pinky06 | 14/12/06 a 23:30
oggi 20/12/08, cercando frasi, citazioni, aforismi di Gaudì, trovo questa pagina, leggo tutto di un fiato il racconto e poi ...rimango ebete ...senza un finale! Ma scrivi così bene, perché non finisci?
Scritto da: ALEX | 20/12/08 a 17:29
Il seguito l'ho trovato!!
Effettivamente ero inebetito!!
Ciao.
Scritto da: ALEX | 20/12/08 a 17:32