Verdi colline del Rwanda, cosi' belle e cosi' segrete.
Parlate col silenzio, e il silenzio grida di dolore...
Pascal Nzezahayo, poeta rwandese
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13° ANNIVERSARIO DEL GENOCIDIO
ERANO LE 17,43 MINUTI del 6 aprile 1994. Fino a quel momento, era stato un mercoledi' come gli altri a Kigali. All'Hôtel des Milles Collines, rendez-vous della crema cittadina, i cooperanti belgi e canadesi si affollavano attorno alla piscina vociando con i loro orrendi accenti mentre ingurgitavano birra Primus o Mateus Rosé. Benché non fossero ancora le sei del pomeriggio, per la maggior parte erano già brilli e in fregola.
In tutto il tempo che ho passato da quelle parti, non sono mai riuscito a capire che cosa facessero i cooperanti, salvo mangiare i soldi della Banca Mondiale e dare la caccia alle puttane. Quelli non facevano eccezione, le puttane nemmeno. Erano ancora piu' numerose dei cooperanti. Anche la barmaid era una puttana, benché avesse soltanto diciassette anni. Lo so perché la conoscevo, si chiamava Mado. In circostanze normali le Tutsi sono le donne piu' fiere del mondo, ma in certe circostanze anche le donne più fiere diventano puttane. Tutti sanno quello che è successo in Italia e in Francia all'arrivo degli americani durante l'ultima guerra. Perfino le Figlie di Maria si vendevano per una tavoletta di cioccolata. Almeno quelle del Mille Collines costavano un po' più care.
Pur essendo le donne piu' fiere del mondo, in quelle circostanze erano puttane, perché quelle circostanze non erano normali. E non erano normali perché le donne in questione erano Tutsi mentre l'etnia dominante era Hutu. In Rwanda gli Hutu avevano tutti i diritti, i Tutsi nessuno. E sui passaporti c'era scritto Tutsi oppure Hutu. Nei matrimoni misti, decideva la paternità.
Mado stava piangendo perché un grosso commerciante Hutu, appena tornato da Parigi, le aveva ordinato un Pernod e lei aveva risposto che il bar era sprovvisto di quel liquore. "Sei una selvaggia" aveva sbraitato l'Hutu in francese per far capire a tutti che era appena tornato da Parigi, cercando goffamente d'imitare l'accento parigino. "Una contadina" aveva aggiunto alzando ancora di piu' la voce (in Rwanda paysanne è un insulto). "Come fai a non avere il Pernod? Non sei... non sei..." Una pausa in cerca della parola giusta, poi scandì le sillabe come fanno gli africani ignoranti quando pronunciano una parola difficile. "Ci-vi-li-sée."
Ci-vi-li-sée. Non scordero' mai quella parola e quella pronuncia. Ci-vi-li-sée. Perché in quel momento, da lontano, venne un rumore che fece tremare leggermente i bicchieri e le bottiglie sui tavoli. Un rombo di tuono, un colpo di fucile. Si sarebbe potuto scambiare per l'uno o per l'altro.
E quel rumore segno' il confine. Da quel momento il Rwanda non sarebbe piu' stato lo stesso. Da qui all'eternità.
Alle 17,43 del 6 aprile 1994, un missile abbatte il Falcon 50 proveniente da Arusha (Tanzania) che riporta in patria Juvénal Habyarimana, presidente della Repubblica Rwandese. I brandelli di Habyarimana cadono sulla casa del presidente, che si trova nei pressi dell'aeroporto. La moglie Agatha e i figli devono raccoglierli con una paletta e metterli in sacchetti di plastica, cercando di separarli dai brandelli del presidente burundese Cyprien Ntaryamize che pure si trovava sull'aereo. Chi ha tirato il missile? Gli Hutu dicono i Tutsi del Front Patriotique de Libération (FPR), i Tutsi dicono i francesi per dare la colpa ai belgi e prendere il sopravvento nel paese, i francesi dicono i belgi, i belgi dicono dei militari francesi travestiti da militari belgi per dare la colpa ai belgi. Qualcuno sostiene che a organizzare l'attentato è stata la moglie Agatha con l'appoggio della fazione più estremista dell'esercito. Habyarimana stava cercando di accordarsi con l'FPR, che aveva messo il regime Hutu alle corde e controllava il Nord del paese. La cosa poteva essere dispiaciuta a qualcuno.
L’Africa è il paese dalle mille verità, il Rwanda è il paese dalle verità più numerose delle colline. Ma la verità, quella vera, non occorre. La macchina si è già messa in moto.
Ogni prefettura ha preparato da tempo le liste dei Tutsi da eliminare. Mancava soltanto il pretesto.Le liste vengono passate ai sindaci, i sindaci le passano alle squadre della morte, gli Interamwe, gli Interamwe creano posti di blocco su tutte le strade e vanno a cercare le vittime nelle loro case. Il Rwanda non assomiglia alla Svizzera soltanto per il paesaggio. E' un paese molto ben organizzato e nessuno pensa di fare male. Gli assassini sono dei contadini Hutu. Se il prefetto gli ordina di ammazzare gli Inyenzi (scarafaggi), se la radio gli ordina di ammazzare gli Inyenzi, se il curé gli ordina di ammazzare gli Inyenzi, chi sono loro per rifiutarsi?
Da anni i preti demonizzano i Tutsi. Nelle prediche ripetono ossessivi che i Tutsi sono l'incarnazione del male. E il Rwanda è il paese più cristiano di tutta l'Africa, il fiore all'occhiello della Chiesa di Roma. Nel Rwanda, in piena brousse, trovi delle chiese grandi come la cattedrale di Chartres. E i preti prendono ordini dai vescovi, i vescovi prendono ordini dal papa.
Wojtyla ha creato le premesse del genocidio ordinando di demonizzare i Tutsi. Perché i Tutsi, guerrieri e allevatori, non si lasciano sottomettere e cacciano i missionari. Li considerano sovversivi, un'eredità del protettorato belga, distruttori della cultura tradizionale. Il governo tutsi del vicino Burundi li accetta soltanto perché è ricattato da Roma e Bruxelles. Se li cacciano, gli tagliano i programmi di cooperazione. Cosi' Woityla ha ordinato di demonizzare i Tutsi, il nemico storico. La Chiesa di Roma deve trionfare. Ha alleggerito la coscienza degli assassini, li ha autorizzati al massacro. Chi non vuole uccidere il diavolo? Un passaporto per il paradiso.
Certi preti usano le chiese come trappole. Chiudono dentro i Tutsi che vi si erano rifugiati per sfuggire alla caccia, poi chiamano le squadre della morte e le squadre della morte gettano della benzina nell'interno, quindii bruciano tutto. Se non ci credete, andate in Rwanda. Le chiese contenenti decine di cadaveri calcinati, alcuni abbracciati fra loro come quelli di Pompei, sono state trasformate in musei del genocidio.
In alternativa alla benzina, le milizie usano fucili o mitragliatrici. Ma usano soprattutto il machete. Le vittime sanno di non poter sfuggire alla morte, ma supplicano di non essere ammazzate con il machete. Si mettono in ginocchio e chinano la testa sperando in un po' di fortuna. Una pallottola nella nuca e via. Ma le pistole mancano e i miliziani preferiscono il machete. Gli Hutu invidiano la statura dei Tutsi, cosi' prima di ucciderli hanno cura di farli diventare più piccoli. Accorciando le braccia e le gambe. Quando una donna è incinta, le strappano il feto dal ventre squarciato e lo massacrano davanti alla donna ancora viva. In certi ospedali la milizia serve alle madri un brodo con pezzetti di carne. Quando hanno vuotato la scodella, le informa che hanno mangiato il loro bambino. Molti Tutsi sono obbligati a uccidere le persone piu' care. Se non lo fanno loro, lo farà la milizia e sarà una morte ancora più dolorosa. Molti fanno fuori i vicini di casa con i quali avevano bevuto birra fino alla sera prima. In certi matrimoni misti il marito uccide la moglie e viceversa. Corre voce che il governo paghi 1000 franchi rwandesi per ogni Inyenzi ammazzato.
I 10.000 uomini del FPR comandati da Paul Kagamé, che in seguito diventerà presidente, puntano su Kigali con una manovra aggirante a spirale, rallentati dai 50.000 uomini dell'Armée Gouvernamentale appoggiati dai francesi. Perché i francesi sostengono il governo Habyarimana e chiamano "terroristi" o "riubelli" i militanti dell'FPR. Là dove arriva l'FPR i massacri cessano. E' una corsa contro il tempo. Se mai si studierà la campagna del Rwanda con lo stesso metro di quelle napoleoniche, si vedrà che Kagamé non sfigura accanto al suo omologo corso. si è formato in un'accadememia militare degli Stati Uniti, sa che 10.000 uomini disciplinati valgono più di un'armata corrotta. Con i suoi 10.000 guerrieri tutsi, gli eredi dei nobili guerrieri dalle lunghe lance che si sono addestrati per anni in Uganda con una disciplina prussiana, ha sconfitto un'armata di 50.000 uomini appoggiata da una delle più grandi potenze militari del mondo. E' questo che brucia, alla Francia. E' per questo che Kagamé la tratta con disprezzo, è per questo che sta imponendo l'inglese come seconda lingua a scapito del francese, è per questo che i politici francesi hanno incaricato il giudice Bruguière di montare un’accusa contro di lui per accollargli la responsabilità del missile che ha abbattuto l’aereo di Habyarimana. In realtà sono corresponsabili del genocidio e un giorno dovranno renderne conto al tribunale internazionale.
A differenza del passato, quando avevano fermato la guerriglia tutsi con scopntri diretti, ora i francesi non s'impegnano direttamente nei combattimenti. Si limitano a rifornire l'armée, che loro stessi hanno addestrato, e fanno i controlli d'identità. Controllano sui passaporti chi è Tutsi e chi è Hutu. Consegnano i Tusi alle squadre della morte come in Parigi occupata i flic consegnavano gli ebrei ai nazisti. Quando i francesi abbandonano Kigali, il personale tutsi del Centro Culturale chiede di partire sullo stesso aereo. I francesi rifiutano di lasciarlo salire sui veicoli in partenza per l'aeroporto. Qualcuno viene ammazzato, qualcuno salvato dai belgi. A Parigi sono preoccupati perché Jean-Cristophe Mitterrand, il figlio del presidente, ha trasformato Kigali in un centro di traffico di droga e armi. Bisogna coprire le prove del crimine, proteggere gli antichi alleati e fare un piacere al papa, cosi' il primo ministro Juppé (un catho che chiama "terroristi" o "ribelli" i militanti dell'FPR) lancia l'operazione Turquoise. Ufficialmente si tratta di un'operazione umanitaria, in pratica si crea una sacca dove gli assassini vengono ospitati e protetti. Le strade si riempiono di cadaveri. Vecchi con gli occhi fissi verso il cielo, bambini con le braccia sopra la testa nel tentativo di proteggersi dalle lame dei machete, madri con il figlio fra le braccia.
E mentre scrivo di questi morti, ricordo una notte di diciannove anni fa. La notte del 20 agosto 1988, quandlo hanno ammazzato mia moglie, rifugiata rwandese in Burundi. Non era legalmente mia moglie, perché a quell'epoca non avevo ancora ottenuto il divorzio dal matrimonio precedente. Ma l'avrei sposata. Se non l'avessero ammazzata. Nella gabbia dei conigli, dove aveva cercato di nascondersi. Dopo diciotto anni, rivivo quel momento come se fosse ieri. Come se fosse adesso. Eravamo saliti a Bugarama, a duemilacinquecento metri sulle montagne alle spalle di Bujumbura, ospiti di un'amica commerciante che era andata a Nairobi per affari e ci aveva prestato la casa per il weekend.
Quando ci penso, vedo tutto nero. Niente è nero come le notti in Africa. Era nero e faceva freddo. Mancava l'elettricità, mancavano anche le candele. Avevamo accostato i due letti della camera e dormivamo abbracciati per scaldarci a vicenda. A un tratto lei è balzata a sedere, avvisata da un istinto ancestrale. Spesso le succedeva di svegliarsi nel cuore della notte, come se avesse un incubo ricorrente. Ma quella volta era diverso. Non ha detto niente, come se la cosa non mi riguardasse. Come se fosse una sua questione privata, un rito antico che non potevo capire. Ero un mujungu, un bianco, uno straniero. Le nostre strade si dividevano. L'Africa profonda la reclamava.
E' balzata dal letto nuda e l'ho sentita correre via. Un momento dopo ho sentito dei tonfi e delle grida. Qualcuno è entrato nella stanza, ho sentito i suoi passi. Non vedevo niente, ma loro ci vedono come se avessero un visore a raggi infrarossi. E' entrato nella stanza, poi è uscito. Ho sentito delle grida in giardino, poi dei lamenti dolci, sommessi. Poi piu' niente.
Sono rimasto immobile. Il tempo è passato, a un certo punto mi sono accorto che era spuntata l'alba. Sono uscito nel giardino. Non si vedeva nessuno, i boy erano fuggiti. Compreso lo zamo, il guardiano con la lancia. Era tutto grigio, gli alberi, il cielo, la terra, l'erba, ma nel grigiore ho visto una macchia rossa. Una grande macchia rossa. Sono andato in quella direzione.
E l'ho vista. Era nella gabbia dei conigli. Per misura di sicurezza, avevano massacrato anche i conigli. Levis sit tibi terra, mon amour.
Dragor
.
Non ci sono parole che possono esprimere la solidarietà dovuta a chi racconta una vicenda come questa. Solo un silenzioso abbraccio telematico da 500 km. di distanza, caro Dragor.
Scritto da: Davide | 06/04/07 a 10:48
Caro Drag.
Tu sei libero di fare come vuoi, intendiamoci, io mi sarei aspettato un silenzio in solidarietà con Marco. Ma davvero questa vicenda pensi non sia stata importante?
Cmq auguri. Oggi mi sà che ti mettono in home page.
Saluti
Scritto da: maxgiordani | 06/04/07 a 11:29
Caro Max, la solidarietà si puo' esprimere anche con le parole. Da giorni su ogni mio post c'era un conto alla rovescia. Oggi, per il Rwanda, è il Giorno della Memoria. Anche questo è importante
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 06/04/07 a 11:43
personalmente penso che la citazione in cima al tuo post possa anche adattarsi al caso di marco...
Scritto da: kincob | 06/04/07 a 12:23
Carissimo sono arrivata a te attraverso un altro blog.Sono rimasta esterefatta quando ho capito che o loro vi hanno oscurati o ,più probabile,in molti avete solidarizzato con Marco.Spiegamelo e mandami un e-mail con allegato il post di oggi perchè ti ho già detto una volta che intendo conservarlo tra le mie cose.Ti sono vicina per tutto. Un abbraccio.Marianna
Scritto da: marianna | 06/04/07 a 12:49
Carissimo sono arrivata a te attraverso un altro blog.Sono rimasta esterefatta quando ho capito che o loro vi hanno oscurati o ,più probabile,in molti avete solidarizzato con Marco.Spiegamelo e mandami un e-mail con allegato il post di oggi perchè ti ho già detto una volta che intendo conservarlo tra le mie cose.Ti sono vicina per tutto. Un abbraccio.Marianna
Scritto da: marianna | 06/04/07 a 12:50
Caro kincob, è un post per tutti coloro che non possono più parlare. Ecco perché ho deciso di pubblicarlo nel hiorno stabilito per commerorare le vittime del genocidio rwandese.
drago (journal intime)
Scritto da: dragor | 06/04/07 a 12:51
Sono con te, sono con tutte le vittime.
Scritto da: Pasquone | 06/04/07 a 14:08
Caro dragor ho riletto con molto "piacere" questo post(anche di piacere a leggere queste cose se ne prova ben poco). Volevo farti gli auguri ed esprimerti il mio dolore per le vittime Rwandesi e per le persone a te care morte quell'anno.
Volevo aggiungere che sono d'accodo con te quando dici che una responsabilità morale (e non solo) di alcuni preti e vescovi è palese, ma direi anche che non è del tutto corretto dire che i preti prendono ordini dai vescovi e i vescovi dal Papa. Spesso un vescovo non sa cosa fanno i suo preti e il Papa non sa (e non può sapere) cosa fanno tutti i suoi vescovi.
Ho letto un articolo preso dal sito www.vatican.va, intitolato "Discorso di Giovanni Paolo II ai vescovi del Rwanda in visita >", discorso fatto Sabato 16 Maggio 1992, più di due anni del genocidio del '94.
"Infatti solo la fede cristiana può riuscire a eliminare i pregiudizi etnici, a instaurare un clima di fratellanza perfezionando il rispetto che si deve agli altri. E' per questo che vi ripeto:"Che ciascun Rwandese comprenda che il prossimo che Gecù chiede di amare non è soltanto l'uomo dello stesso gruppo sociale, ma ogni uomo che si incontra lunga la strada".
Parole del Papa.
Saluti e condoglianze,
Greg
Scritto da: Greg | 06/04/07 a 14:29
Cara Marianna, ti ho scritto per spiegarti il caso e al più presto ti mandero' anche il post. Grazie, buona giornata.
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 06/04/07 a 16:07
Grazie, caro Pasquone. Per fortuna non capita spesso di avere delle persone care coinvolte in 2 genocidi
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 06/04/07 a 16:09
Un abbraccio.
Scritto da: Gloria | 06/04/07 a 16:10
Caro Greg-Federico ;), il papa era stato ripetutamente avvertito del pericolo, come potrai leggere anche sul sito cattolico di cui di ho dato il link nel post "Quelle guerre dimenticate". Il massimo che possiamo dire a sua discolpa è che ha sottovalutato gli avvertimenti e continuato a scherzare col fuoco
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 06/04/07 a 16:14
Caro Dragor, a parte tutto, volevo augurarti Buona Pasqua. A te a voi tutti. Un caro saluto
Scritto da: Gloria | 06/04/07 a 17:20
Ciao Dragor buona pasqua anche da me. :)
Scritto da: orbita | 06/04/07 a 21:53
Caro Dragor,
Finalmente ho letto tutto il tuo terribile racconto. Non ho parole per dimostrarti la mia profonda comprensione e lo sbigottimento davanti a dei fatti che sembrano inventati da scrittori di fantasie macabri, lugubri...... Ho solo un'esclamazione: ORRORE.... ORRORE....
Credo che nel film "Lord of war" si dimostri qualcosa del genere.
Dragor..... E questo accadde il 6 aprile ??????? Il compleanno del Benedetto lasciatoci in eredità da Woijtyla ?????? E non si vergognano e fanno quello SHOW il venerdì santo fuori del loro stato partendo dal colosseo, nido di genocidi e lotte di sangue ?????? E ho visto che è il compleanno di Raffaello Sanzio d'Urbino, che non c'entra niente, ma io ci faccio caso. Le sue bellissime pitture in San Pietro le ho visto col mio tiranno, in viaggio di nozze.
Dragor. Cercherò di scrivere su quello che ho visto ieri alla CNN sull'Iraq ed era life, cioè di ieri, 24 ore fa.
Gli auguri sono solo formalità, ma possono dimostrare tutto il desiderio di cancellare i dolori e ricostruire un avvenire.....
Abbiate tutti un buon "principio della primavera", chè la Pasqua non è altro che il solstizio del sole con l'Ariete che ricomincia un nuovo ciclo di stagioni e di vita. ( non son buona a spiegarmi come vorrei) A pasqua è praticamente il Primo dell'anno per i calendario zodiacale).
Saluti e un abbraccio sincero. Aspetto che tu mi scriva le istruzioni che mi servono per mandare di nuovo un post sul mio blog..... (o viceversa) . tua amica Adele
Scritto da: Adele | 07/04/07 a 11:15
Nel film "Hotel Rwanda" si dice che la parola d'ordine per iniziare il massacro ai tutsi sia stato "tagliate gli alberi alti",in quanto essi si riconoscono anche dalla loro altezza.Non mi sorprende che ad oggi continuino ad esistere tante guerre,siamo in assenza di veri leader nel mondo, e le loro voci assenti si sentono eccome.
Scritto da: tristantzara | 07/04/07 a 11:24
Giusta osservazione la tua sulla Pasqua, Adele ^^
Mi permetto soltanto di correggere l'aspetto "tecnico": la Pasqua cade ogni anno la prima domenica dopo il primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera. Il fatto che il mese lunare sia di 28 giorni (l'equinozio è sempre il 21/03, giorno in cui le ore diurne sono pari a quelle notturne) porta alla variabiità nella ricorrenza pasquale che tutti ben conosciamo: a conti fatti, Pasqua può cadere dal 22/03 al 23/04.
In ogni caso, Pasqua celebra l'inizio della primavera dal punto di vista lunare (la scelta della domenica è l'unica aggiunta cristiana, la domenica è il giorno di festa e inoltre il giorno in cui il Signore Gesù è risorto), così come l'equinozio dal punto di vista solare.
Non è solo una cosa da malati di oroscopo o wiccan, comunque: se andate in campagna e parlate con un contadino è assai probabile che scopriate che la luna viene tenuta d'occhio per tutto: seminare, raccogliere... persino per tagliare i capelli! ^^
e sono tante le cose che si seminano "con la luna di primavera"
Scritto da: Davide | 07/04/07 a 13:09
Grazie, buona Pasqua a tutti.
ADELE:
Ti ho scritto per il blog. Leggi il post precedente su Marco Giacosa. Fino alla soluzione della vicenda, Journal Intime sospende le pubblicazioni.
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 07/04/07 a 13:29
Le immagini della tua Rwanda sono molto belle, ma il silenzio de La Stampa sulla vicenda di Giacosa stride in modo sinistro.
Scritto da: piero | 07/04/07 a 16:14
Hello Davide,
Si hai ragione su quello che dici della Pasqua e inizio della primavera, ma mi pare di avere anche detto che non ero sicura della mia espressione, in quel momento non sono andata a controllare il giorno preciso ma sapevo che avreste capito perchè ormai moltissimi s'interessano di astrologia che è una delle scienze più utili.
Io la studio da anni e riesco a scoprire approssimativamente e spesso con precisione il segno in cui una persona è nata.
Guardo con precisione le posizioni della luna che influisce su tutti gli esseri viventi di qualunque dei tre regni della natura: animale, vegetale e minerale. Predico a tutti: studiate l'Astrologia se volete arrivare a conoscere voi stessi e i vostri cari o persona nuove che incontrate.
L'astrologia, i sogni, i Tarocchi e l'I Ching sono i miei consiglieri, nonchè il libro che ha cambiato la mia vita: "Autobiografia di uno Yogy". La telepatia è anche un grande aiuto se la sappiamo riconoscere e usare.
Mi piace che tu abbia aperto il tema così forse scriverò anche qualcosa su questi mezzi di ispirazione e di comunicazione.
Un libro che mi è stato anche un buon maestro è "Te stesso al cento per cento" di Whyne Dyer..... una spinta verso la liberazione da tutti i tabù.
Auguri di buona Pasqua a tutti naturalmente anche alle vostre famiglie
dalla vostra amica Adele.
Scritto da: Adele07 | 08/04/07 a 10:55
Finalmente hoi letto il fatto su Giacosa: Proibito indagare, dovete credere.
Indagare significa mancanza di fede come fa la religione. Non si deve cercare il pelo nell'uovo. Nei concorsi si deve accettare il risultato della giurìa e basta.
OK ????????
Ho già visto in altri concorsi che esiste il .... nepotismo o come si chiama in questo caso. Chi indaga su Dio e GesuCristo fa peccato e i giornali sono il dio della comunicazione, perciò
...... spero che non sospendano anche me, perchè io farei come Ali Baba e il calabrone...... mollo tutto e vado via.
Coraggio Marco, rifai un nuovo blog e ricomincia. Così è la vita.
Saluti e auguri per tutti Adele
Scritto da: Adele | 08/04/07 a 15:22
Riguardo al Rwanda, ieri ho sentito alla fine delle nostre notizie delle 20,15 che annunciavano una commemorazione del genocidio di 13 anni orsono nell "Tema del giorno" che si sente verso le 22,30.
Peccato che ho dimenticato perchè stavo guardando un film e nelle pause mettevo post sul blog per esercitarmi...
Oggi il papa ha detto qualcosa su tante cose successe nel mondo, ma non ho sentito nominare il Rwanda.... Ma per poche migliaia di "boveri negri" non sono così importanti.......... anche se parlava italiano che poi era tradotto simultaneamente in tedesco.
Che abbia masticato la parola e io l'abbia capita male ????..... NIente....
Adesso i miei peccati sono cancellati che la benedizione papale Urbi et Orbis mi ha fatto acquistare l'indulgenza plenaria perpetua ..... Meno male..... L'anima mia è di nuovo bianca (miracolo come la resurrezione) Crediamo figlioli, crediamo....... Bruciamo gl'incensi davanti agli dei e pensiamo ciò che vogliamo.....
Si fanculizzino tutti. Salu-TONY
Adele
Scritto da: Adel07 | 08/04/07 a 15:46
Cara Adele, per Marco è una questione di principio. Non vuole che siano cancellati i suoi post e pretende delle risposte. Se accettasse di cancellare, gli riaprirebbero anche quello vecchio.
Certo che il papa non nomina il Rwanda. Quella parola lo fa sudare freddo
A presto, buona Pasqua
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 08/04/07 a 16:20