MENTRE CONTEMPLA LA VERDE CAMPAGNA DANESE, COSI' SIMILE A QUELLA DEL SUO RWANDA
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- Perché non ti fermi qui, invece di tornare in Rwanda? - le hanno chiesto i parenti.
- Perché dovrei fermarmi? - ha replicato accennando al cottage danese dal tetto di paglia, così simile alle dimore tradizionali rwandesi. - Quando gli europei sono ricchi, vogliono vivere come noi. Tanto vale tenerci quello che abbiamo.
Era uno scherzo perché Marguerite, la madre di mia moglie, 78 anni e 1,93 di statura, abita in una splendida villa con giardino che il governo le ha assegnato dopo la guerra per la riconquista del Rwanda e l’abbattimento del regime clerico-fascista di Juvénal Habyarimana (non fatevi illusioni, malgrado tutti gli sforzi dei preti per cancellare il suo popolo dalla faccia della terra, Marguerite è rimasta più cattolica di Santa Teresa). In questa villa non abita sola. Il marito è morto poco dopo avere visto Nizza, forse scambiando la capitale della Côte d’Azur per Napoli, ma la casa pullula di ragazzi, ragazze e bambini. Marguerite ha accolto i più grandi, rimasti orfani in seguito al genocidio, quando erano ancora piccoli a partire dal 1995, quando è arrivata da Bujumbura, in Burundi, dov’era rifugiata da vent’anni dopo un lungo soggiorno in Zaire per sfuggire alle persecuzioni del regime. Quanto ai più piccoli, alcuni sono figli dei più grandi, anzi delle più grandi perché i maschi si guardano bene dal portare i figli a casa.
- NON SO COME FACCIANO, perché le sorveglio sempre - mi ha confessato. - Quando guardo a destra, mi resta incinta quella di sinistra. Quando guardo a sinistra, mi resta incinta quella di destra. A volte ho l’impressione che rimangano incinte per corrispondenza.
Vittime dell’insopprimibile istinto africano per la riproduzione e della totale assenza di un’educazione demografica, ho pensato per la miliardesima volta dalla prima in cui ho messo piede in Africa.
- E se fosse il postino? - ho suggerito.
- No, abbiamo la casella postale - ha replicato lei, ricordandomi che a Kigali non c’è il recapito della posta a domicilio.
In ogni caso la dimora di Marguerite è sempre stata aperta e ospitale. A Bujumbura, durante gli anni dell’esilio burundese, lo sapevano bene e ne approfittavano. Quando qualcuno voleva sbarazzarsi di un bambino, faceva visita a Marguerite e poi se ne andava dimenticandosi di portarsi via il marmocchio. E lei non diceva mai di no. La sua natura glielo vietava. Essendo nata e vissuta nella ricchezza, avendo fatto parte della corte del Mwami Mutara III e del ristretto corpo delle danzatrici reali scelte in base alla purezza della carnagione, avendo sposato un ricco feudatario la cui famiglia ha dato al Rwanda 2 re, continuava a comportarsi come se fosse ricca anche se lei e suo marito avevano perso tutto: la casa, la terra, le vacche, il latte, i servitori, lo status sociale, la patria. Nel quartiere bujumbureño di OCAFE, costituito da casupole costruite dai belgi per i loro impiegati prima della Grande Guerra, Marguerite, suo marito e i loro figli erano una leggenda. Nessuno aveva mai visto persone più povere, più dignitose, più generose e meno dotate di senso pratico. Giungevano a privarsi del cibo per darlo a chi aveva la dispensa piena, non per esibirsi e nemmeno per assicurarsi un posto in paradiso. Lo davano con la noncuranza dei veri aristocratici, come se gettassero un osso al cane, a meno che non si trattasse di un bambino. In questo caso si trattava di un istinto riflesso per la conservazione della specie (i vecchi sono il passato, i bambini il futuro) e di un gesto di purissimo affetto. Perfino i cani e i gatti sembravano presentire questa innata generosità, perché gravitavano attorno alla casetta finendo per formare una colonia permanente che Marguerite si ostinava a nutrire con latte, per quanto le avessi spiegato un milione di volte che il latte è indigesto per i cani e ai gatti dà la diarrea. Ma siccome il latte è l’alimento sacro dei Tutsi, si rifiutava di darmi retta. Com’è possibile che la manna per gli umani possa nuocere a canidi e felini? In ogni caso non si poteva dire che abbondassero le alternative, visto che la carne era un miraggio, che i gatti snobbavano il riso e che entrambe le specie non volevano saperne delle patate.
Oggi, a Kigali, nel Rwanda riconquistato, la situazione non è cambiata. Chiunque abbia bisogno di aiuto, voglia sistemare un orfano o semplicemente alleggerirsi di un bambino, sa di poter contare sulla donna che non dice mai di no. Col tempo la sua comunità si è ingrossata e per mantenerla Marguerite si è dovuta creare dal nulla un senso pratico che non ha mai posseduto. Con piante, fiori, quadri e tende ha trasformato in chiesa una stanza della sua casa, ha organizzato gruppi di preghiera e in qualche modo fa sopravvivere umani e bestie con le offerte dei fedeli. Anche lei ha capito che in certe circostanze la religione è un business.
Marguerite ha avuto 12 figli che ha partorito da sola in casa e che si sono riprodotti nel mondo intero dando origine al clan che si riunisce in questi giorni in Danimarca. Sono tutti sopravvissuti, un caso straordinario quando si pensa che in Europa se non si partorisce con la sofisticata attrezzatura di un’asettica sala parto o in alternativa in una piscina con i delfini o in mezzo a incensi profumati (è l’ultima moda) i bambini sembrano destinati a morire come le mosche, o almeno così ci assicurano i medici. Un figlio è morto in guerra combattendo con il Front Patriotique Rwandais per la liberazione del Rwanda, una figlia è stata massacrata dagli Interhamwe, le squadre della morte.
Con il passare degli anni la vecchia matriarca non ha perso il suo temperamento. A Faldsled per la riunione di famiglia, con una frase sommessa ma inequivocabilmente autoritaria ha obbligato a chiederle scusa in ginocchio 4 nipoti che da anni non le scrivevano, 4 giovani europei, canadesi e statunitensi perfettamente integrati nei rispettivi paesi di accoglienza, allineandoli davanti a sé con la fronte appoggiata al terreno come penitenti, punendoli simbolicamente con alcuni colpi del suo inseparabile bastone rwandese dalle splendide incisioni e poi benedicendoli con un gesto solenne del lungo braccio. Là ho visto le due anime del Rwanda, l’immortale vecchio Rwanda della tradizione e il nuovo Rwanda nato dalla diaspora, unite da un vincolo più forte delle differenze.
Dragor
Dragor, non occorrono molte parole per un commento: uno straordinario ritratto di una donna di cui deve essere un onore essere genero.
a presto,
HP
Scritto da: Account Deleted | 27/08/07 a 10:59
Carissimo hai fatto un ritratto stupendo di Marguerite!E' una donna senz'altro stupenda e generosa come la terra che l'ha generata.Ogni paragrafo che leggevo è come se la sentissi sempre più vicina nella sua sensibilità di donna e madre.La mia ammirazione nasce dalla consapevolezza del coraggio che una donna del genere riesce a dimostrare tra eventi così complessi e dolori di non lieve entità.Eppure Marguerite si rialza, va avanti per la sua strada.Risponde,caro Dragor, a quel progetto che Dio ha su ognuno di noi.Io mi inchino con rispetto ed affetto dinanzi alla persona di Marguerite perchè in lei trovo autentica sorellanza.
Non importa se non la incontrerò ma è una gioia sapere che esiste.
In questi giorni ho letto molto sull'Africa volutamente.Dopo l'incontro mediatico e cartaceo con l'altra Maggy(ti prego non dimenticare la tua promessa) ho voluto continuare passando per Camerun e Kenya.
Per il Camerun Claude Bergeret,una francese di origine bretone che si è inculturata in Africa andando a far parte di una Chefferie perchè ne aveva sposato il re.Per il Kenya il bellissimo libro di Alex Zanotelli dal titolo "KOROGOCHO",che è poi il nome di una enorme discarica alla periferia di Nairobi, dove Alex ha condiviso l'esistenza degli ultimi.
La mia Africa per ora è questa ma un giorno chissà....
Ti abbraccio con tutta la tua famiglia allargata.
Naturalmente un abbraccio speciale è per Marguerite e la piccola Minou.
A presto, Marianna.
Scritto da: marianna | 27/08/07 a 11:24
Che splendido omaggio per una suocera Dragor !!!
Beh, credo sia una donna quanto meno "affascinante", da come ne narri le gesta...
Altro che europee, mi sa che le donne del Rwanda sono davvero straordinarie ! Mi ricordo quello che più volte hai scritto di tua moglie...degna figlia di Marguerite eh ?!
Un bacio Dragor
Irene
Scritto da: irenespagnuolo | 27/08/07 a 11:28
Carissimo Dragor.
welcome back. Ti aspettavo proprio.
I blogs senza Dragor sono stanchi, anche se tutti interessanti.
Come ho visto la mail nella posta che annuncia il tuo commento, mi sono precipitata a vedere se hai messo un post nuovo.
MEEEEEnschhhhhh..... E' stupendo e commovente come sempre. Leggere di una donna così dà coraggio e consola perchè ci spinge a riconoscere quanto sono forunate le donne europee.
Si, le distanze sono relative e lo vedo ogni giorno quando mi sposto con la mente e col cuore nei posti che voglio.
Io sono dappertutto. Margherite è quasi della mia età, spero che stia bene e che viva ancora a lungo senza malattie.
Hugs and kisses from Adele07 (easy Rider)
and Esmeralda07 (make love no war)
Scritto da: Adele07 | 27/08/07 a 12:46
HP
E' un peccato che in Rwanda non ci sia più la monarchia. Avrei potuto essere un principe consorte... :-)
MARIANNA
Conosco una tizia che ha sposato un capo masai ed è vissuta un po' di anni nella savana al seguito delle mandrie, ma dopo un po' di anni l'esperimento è fallito ed è tornata a Parigi lasciando 2 figli in Kenya.
Marguerite, la sua nipotina e io ricambiamo l'abbraccio. A presto
IRENE
Devo essere l'unico che parla bene della suocera. Certo, di solito lei sta in Rwanda e io a Nizza... :-)
ADELE & ESMERALDA
Che piacere risentirvi! Secondo Marguerite le donne europee non sono fortunate, sono schiave. In Rwanda lei ha 4 boys che si occupano delle faccende domestiche e del giardino, due ayah per la guardia dei bambini e un guardiano per la protezione notturna. Da giovane non doveva nemmeno camminare, la portavano a spasso in portantina. Ovviamente vede le cose dal suo punto di vista...
Grazie per le belle parole, besitos
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 27/08/07 a 17:04
Hello Dragor,
Non mi piacerebbe fare niente ed essere servita fino troppo, solo un po' aiutata.
Se non camminava come esercitava le sue gambe ????? Il movimento fa bene e il lavoro è anche ginnastica. E non ha mai ballato ????
Io non mi sento schiava, SIiii, è questione di punto di vista.....
Muchos besitos y carinos.....
Scritto da: Adele07 | 27/08/07 a 18:01
Suggestivo l'accostamento Rwanda-Danimarca. E in fondo i Rwandesi si considerano i nordici dell'Africa nera, no?
A proposito di Africa, ricordo una tua promessa di occuparti anche delle stragi dei nostri fratelli gorilla.
Bentornato!
Tesea
Scritto da: tesea | 27/08/07 a 18:10
Cara Adele, come scrivo nel post, Marguerite faceva parte del corpo di ballo delle danzatrici reali. Sulla danza rwandese pubblichero' un post appena possibile
A presto, big kiss
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 27/08/07 a 18:49
Cara Tesea, grazie.
Se non fosse stato per il colore, decisamente più basané di quello degli indigeni anche se non mancava qualche bionda (artificiale) e per la statura mediamente più alta,i Tutsi si sarebbero scambiati per danesi. I bambini sono addirittura più silenziosi.
Sui gorilla scrivero' quanto prima
A presto, ciao
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 27/08/07 a 19:03
Caro Dragor,
concordo: tutti i bambini in Africa, e in genere nel sud del mondo, sono molto più educati e silenziosi di quelli che occupano la parte settentrionale del globo, almeno nella nostra contemporaneità. Qui si sentono protagonisti, dominatori
della scena, là comparse.
Una famiglia africana con dieci marmocchi è meno rumorosa di una occidentale con l'unico principino- o principessina - ereditari.
(Sono figlia unica anch'io, e probabilmente a suo tempo ho fatto molto rumore io stessa).
Buona notte tesea
Scritto da: tesea | 27/08/07 a 21:30
dragor, grazie per questo bellissimo post!! e' davvero emozionante. Un grazie anche a Marguerite, ci fossero piu' donne come lei, il mondo sarebbe un posto migliore in cui vivere.
Scritto da: rottasudovest | 28/08/07 a 00:18
Cara Tesea, quello che dici vale per gli africani che stanno in Africa. Quelli di qui, a parte i Tutsi che hanno una tradizione di disciplina, fanno più rumore di un jumbo al decollo
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 28/08/07 a 08:00
Cara RSO, purtroppo il vecchio Rwanda è una specie in via di estinzione. Come Ignacio Sanchez Meijas, tardará mucho tiempo en nacer, si es que nace,
una rwandesa tan clara, tan rica de aventura
Yo canto su elegancia con palabras que gimen…
Ciao, a presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 28/08/07 a 08:01
E' un onore conoscere Marguerite attraverso le tue parole: enchantée!
Zia Elena
Scritto da: zia elena | 28/08/07 a 12:21
Vero: i bimbi aficani, filippini, cinesi etc. cresciuti in Italia (e in particolare se affidati ad un asilo), sono purtroppo replicanti di quelli di nostra produzione.
Che sia il nostro sistema pedagogico interamente da rivedere?
Magari ispirandoci ai Bantu, o ai Tutzi, o agli Ottentotti.
Tesea
Scritto da: tesea | 28/08/07 a 21:20