GRAZIE, GRECIA. Di che cosa? Di avere risparmiato all’Italia un ignominioso ultimo posto nella classifica dei 23 paesi che vantano le migliori attività nel settore degli aiuti umanitari, stilata dalla “Development Assistance Research Associates” con questionari diffusi nei paesi bisognosi. Ha ottenuto punteggi ridicolmente bassi in tutti i parametri di riferimento. In testa alla classifica ci sono la Svezia, la Norvegia e la Danimarca, paesi che agiscono in silenzio senza le campagne lacrimose con le quali sono bombardati gli italiani da parte di persone che hanno chiaramente un interesse in questo enorme business. In fin dei conti i media fanno ogni giorno una pubblicità gratuita alle sedicenti opere di beneficenza, presentando con immagini strazianti tutte le catastrofi che affliggono i paesi del Terzo Mondo. La pera è già matura, si tratta soltanto di coglierla.
Perché, nonostante il piagnisteo quotidiano sui poveri bambini africani che muoiono di fame, quando si tratta di sganciare l’Italia si dimostra così taccagna? Sarà un caso, ma uno dei paesi che danno meno aiuti al Terzo Mondo è anche il paese dove la chiesa è più ricca. Come non sospettare che fra le due cose non ci sia un rapporto? La chiesa non fa che battere cassa per gli aiuti al paesi poveri, ma quanta parte di questo enorme flusso di denaro arriva ai destinatari e quanta viene investita i nel settore immobiliare, assicurativo o bancario? Tutte le volte che si indaga sul grande business degli aiuti umanitari gestiti da enti religiosi, salta fuori qualche magagna. Invece di andare nelle casse delle organizzazioni che aiutano effettivamente i bisognosi, con piagnistei e ricatti i capitali vengono dirottati in quelle di enti che con l’umanitario hanno poco o nulla a che fare; ciò che spiegherebbe perché, con una forte mobilitazione a monte, a valle l’Italia si ritrova al penultimo posto nella classifica. Perfino Madre Teresa, secondo Christopher Hitchens nel suo libro “La Posizione del Missionario” , investiva in beni materiali gran parte delle donazioni. E non si venga a dire che il denaro investito in un’opera di beneficenza va indirettamente vantaggio dei beneficiati. Un conto è nutrire gli affamati, un conto comprare immobili di lusso. In Africa ho visto sontuosi conventi in mezzo alla miseria più totale. Con quali soldi vengono costruiti? E perché le popolazioni circostanti si lamentano di non ricevere nemmeno un bicchier d’acqua?
IL VERGOGNOSO piazzamento dell’Italia nella classifica degli aiuti umanitari dovrebbe stimolare il governo a promuovere un’indagine capillare sulla reale destinazione dei capitali accumulati dalle opere religiose. Nessuno ha il diritto di truffare per arricchirsi, meno che mai chi predica “non rubare”.
Dragor
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