CHE COS'E' LA SPERANZA? Secondo una definizione classica, la speranza è una richiesta di potere. E siccome non siamo onnipotenti, è simultaneamente una richiesta di amore, ossia della certezza che qualcuno ci aiuterà.
Si comincia a sperare dalla nascita. Nell’utero materno il feto è onnipotente. Vive in un nido caldo e protettivo dove è servito di tutto. I suoi bisogni sono soddisfatti automaticamente, non ha bisogno di nessuno. Poi viene scodellato nel mondo esterno, gli troncano il cordone ombelicale e a questo punto comincia ad avere fame. La soddisfazione del bisogno non è più automatica. Ha perso la sua onnipotenza. E’ assalito dall’angoscia perché non riesce più a controllare la realtà contingente. Impara che da solo non potrà soddisfare il suo bisogno, che per nutrirsi gli occorre un seno. E per controllare l’angoscia, non gli resta che controllare la proprietaria del seno. E’ a questo punto che domanda il suo amore, ossia la certezza che il seno sarà sempre a disposizione. Una certezza che lo rassicurerà anche in assenza della madre, sconfiggendo l’angoscia di fondo. Questo dinamica marcherà per tutta la vita il suo rapporto con il mondo: amore uguale potere. Dove non potrà controllare la realtà da solo, ossia soddisfare i suoi bisogni, ci riuscirà con l’aiuto degli altri. E l’amore gli assicurerà che gli altri continueranno ad aiutarlo.
Il controllo della realtà, ossia la forma primaria di potere, si esercita attraverso la prevenzione e l’adattamento. Prevenire significa prevedere in una certa misura quello che succederà, adattarsi significa modificare il proprio comportamento relativamente a questa previsione. E’ così che si sta bene, che si vive in sintonia con il mondo esterno, che l’identità, l’incolumità e la vita non sono minacciate. Il fallimento della previsione genera una gamma di sgradevoli reazioni che va dall’imbarazzo al panico. Un esempio banale: entrate una sala piena di persone sconosciute. La vostra prevenzione vacilla perché non le conoscete e la vostra identità (dato che in gran parte l’identità è una questione dialettica) è subito minacciata: chi siete voi per gli altri? Non riuscite a prevenire, quindi ad adattarvi, ed ecco l’imbarazzo: una piccola perdita di potere. Ora prendiamo un esempio estremo: state annegando. Ogni tentativo di prevenzione e adattamento fallisce, la realtà vi sfugge completamente di mano, il vostro potere è ridotto a zero ed ecco il panico: il massimo dell’angoscia, una paura che esclude la ragione.
CHE COS'E' LA SPERANZA? La risposta è racchiusa in quella parola: prevenzione. Per prevenire, come abbiamo visto, dobbiamo prevedere in una certa misura quello che accadrà, in modo da poter modificare il nostro comportamento in sintonia, salvaguardando la nostra identità e la nostra incolumità. Un’angoscia ci accompagna dalla nascita, la cosiddetta angoscia primaria: quella di non poter prevedere, di essere in balia del destino come chi sta per annegare. Speranza significa prevedere e quindi prevenire, unica condizione per esercitare un certo controllo sulla realtà. Ne abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo. Non ci va di affrontare l’ignoto.
Ecco perché la speranza è un grande mercato. Nei secoli si sono formate intere classi di commercianti che vivono vendendo speranza. Chi cavalca il caso, chi cavalca la metafisica. I venditori di speranza si dividono in 2 categorie: i venditori di speranza terrena e quelli di speranza ultraterrena. I primi speculano sulla legge delle probabilità. Sono i maghi, i veggenti, gli astrologi, i cartomanti. Cercano di fare previsioni generiche che coprano tutte le possibilità, tentando poi di adattarle ai casi singoli. In teoria dovrebbero farsi pagare a risultato ottenuto, ma di solito si fanno dare un acconto per coprirsi le spalle in caso di fallimento. In ogni caso le previsioni azzeccate bastano a farli vivere. Il segreto consiste nel metterle in risalto minimizzando i fallimenti.
Poi ci sono i venditori di speranza ultraterrena. Si abbigliano con sottane e cappelli per far capire che non vendono speranze come le altre. Vi vendono la previsione di quello che accadrà dopo la morte, un evento che angoscia tutti, belli e brutti, poveri e ricchi, scemi e intelligenti, perché non lo conosce nessuno e in apparenza comporta una cosa terribile, la perdita dell’identità. Ma se sapete che cosa succede, potete adattarvi e così vi sentite bene. Vi vendono la risposta alla domanda che vi angoscia: qual è il fine ultimo della vita? Vi angoscia perché non vi va di morire e perdere la vostra identità. Per forza di cose l’azzeccano sempre, perché non ci sono prove per dimostrare che la loro speranza è infondata. Qualunque cosa vi dica la conoscenza empirica, ribattono che la loro speranza non è di questo mondo. E’ una speranza di serie A in qualcosa che non puoi vedere, una speranza che ti ricompenserà da morto, che richiede la fede nei profeti della resurrezione. Se non ci credi, dovrai accontentarti della speranza di serie B, quella terrestre degli astrologi e dei cartomanti. Con questo sistema i venditori in sottana vincono a ogni colpo, perché non c’è modo di dimostrare che la loro speranza è infondata. Come fai a provarlo? Ti dicono che le prove sono all’altro mondo e le vedrai da morto. Ecco perché una chiesa è il miglior business. Rispondono alla richiesta d’amore (che l’adulto rivolge agli dei come da piccolo la rivolgeva alla madre) assicurando che gli dei sono buoni e lo amano, facendo salti mortali per giustificare i diluvi universali, i terremoti, le tsunami e tutte le disgrazie che provano che non lo amano affatto. Ovviamente dovrai rigare diritto e fare quello che ti dice la sua guida spirituale. E per tutto questo guadagnano profumatamente, perché la speranza è come la droga: la gente è disposta a pagare qualsiasi prezzo per sfuggire all’angoscia primaria. Un neonato farebbe lo stesso per l’amore materno.
Non cadete nel tranello: i venditori in sottana sono ciarlatani come gli altri. Non c’è nessuna differenza fra il papa con le sue spe salvi e un marabout senegalese analfabeta con le sue formule magiche. Tutti e due vendono fumo. Capovolgiamo il discorso: perché il Vaticano possiede un enorme patrimonio e molti marabout sono ricchi sfondati? Eppure non lavorano. Da dove vengono quei soldi? Semplicissimo: vengono dai compratori di quella merce impalpabile e ineffabile che si chiama speranza, dalle tasche degli ingenui che si lasciano raggirare. Anche persone serie e coltivate come Biz non sono insensibili alle sirene della speranza metafisica, perché l’angoscia livella tutti, dai bruti ai geni: non si accontentano di quello che succede sulla terra, gli sembra una fatica di Sisifo e vorrebbero un fine ultimo, possibilmente trascendentale, che in cambio di qualche preghiera al dio giusto permetta di conservare la loro identità in eterno. Sono come i neonati che chiedono l’amore della madre, non hanno fatto altro che trasporre la richiesta su scala cosmica. In pratica dicono: la speranza del papa non ha niente a che vedere con la speranza di cui parli. E’ una speranza di serie A, una speranza ultraterrena, filosofica e metafisica che un bieco materialista come te non può capire perché richiede un atteggiamento mentale che non hai. Come dire: abbi fede e spera in Dio.
Non vi sembra una minestra riscaldata? Eppure c’è gente che con questa minestra si arricchisce. Religiosi di ogni confessione, astrologi e marabout, tutti ciarlatani che vendono qualcosa che non hanno a ingenui che si svenano per comprarlo. Diffidate dai bugiardi che vogliono soltanto sfruttarvi. Sperate pure, ma non date soldi a quella gente, soprattutto quando nascete, quando vi sposate e quando morite. E’questo che li arricchisce, anche se per tutto il resto della vita non sborsate un centesimo: l’ipoteca sulle tappe fondamentali dell’esistenza.
Certo, bisogna credere in qualcosa. Qualcuno ha detto che chi non crede a niente crede a tutto, chiaramente per dare del babbeo a chi non crede agli dei e per insinuare che al di fuori della metafisica esiste soltanto un relativismo immorale. Be’, vi invito a credere a quello che ho scritto. Per cominciare, io ci credo. E’ semplice, onesto, gratuito, forse meno piacevole della droga metafisica ma più utile perché vi esorta a impegnarvi per creare il vostro paradiso in terra, dato che questa è l’unica vita che abbiamo. Ecco la vera speranza. Vale sicuramente più di tutte le spe salvi dell’universo.
Dragor
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Carissimo questo post è molto valido.Dici le stesse cose di quando hai parlato dell'enciclica ma il tono è più pacato, discorsivo.
Chi ti legge può convenire con te o non essere d'accordo,l'insieme non disturba. Uno dice Dragor la pensa così ma io no. E tutto finisce lì.
Anche perchè le argomentazioni non fanno una piega.
Io mi trovo d'accordissimo con te quando parlando di speranza inviti a costruire il Paradiso sulla Terra.
Per me questa speranza non è altro che quello che io sono in grado di fare giorno dopo giorno,impegnandomi,tenendo presente che la Giustizia è un valore primario.E dove viene meno, bisogna combattere per ripristinarla.
Che io poi in questo agire sia confortata dagli insegnamenti delVangelo,dalle Confessioni di S.Agostino o dal pensiero filosofico di Kant,poco importa.
Siccome per me il Regno dei cieli si costruisce hic et nunc, non mi fa davvero problema sapere cosa accadrà dopo la mia morte.Certo se quello che ci dicono ed in cui abbiamo creduto c'è,sarò ben felice di potermi beare della visione di Dio.
Prima di questo però devo aver vissuto rispettando l'altro. E per me Gesù di Nazaret è guida, esempio , testimone.Da sempre.
Quell'Amore di cui parli lo puoi trovare, nell'angolazione mia, nella famosa "Lettera a Diogneto",dove è scritto esplicitamente che i cristiani non sono diversi dagli altri popoli, lavorano nel mondo,non sono del mondo(il valore della Resurrezione di Cristo che libera dal peccato originale,che altro non è che il male che incontriamo ad ogni piè sospinto),tuttavia sono l'anima del mondo.
Voglio ancora aggiungere una cosa:nell'enciclica, nella parte finale, si affronta la questione decisiva nel Giudizio finale.Saremo giudicati in base appunto a quanto saremo stati giusti nei confronti del nostro prossimo. Non è ,mi pare, impegno da poco in vita.
E' scritto testualmente:" I malvagi nel banchetto finale non siederanno a tavola accanto alle vittime come se nulla fosse stato".
Io concordo e sopratutto ci credo.
Buon pranzo.A più tardi.
Marianna.
Scritto da: marianna | 10/12/07 a 13:15
Quando si parla di Universo, bisogna ricordare che alcuni lo chiamano "Dio" e gli attribuiscono una Volontà.
In buona parte del mondo, fin dai '50, s'è capito, tra i laici, che star lì a rimarcare questa "sottigliezza" rendeva impossibile il dialogo con 2-3 miliardi id persone, dunque hanno deciso di smetterla e di passare alla ricerca dei punti di contatto, di condivisione.
Ne son venute fuori cose prodigiose, come "Lo Zen e l'arte di riparare la motocicletta" o il "Tao della Fisica", che dovrebbero essere letti da tutti coloro che si professano laici, fosse solo al fine di sviluppare meglio il proprio discorso.
QUanto alla speranza credo che Ratz intendesse riferirsi alla Speranza, ovvero alla "virtù per la quale noi desideriamo e aspettiamo da Dio la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci all'aiuto della grazia dello Spirito Santo per meritarla e preservarla sino alla fine della vita terrena."
Proviamo a tradurre in laichese?
La Speranza è la buona pratica per la quale un Individuo trova l'appagamento alla ricerca del Senso, riponendo la sua fiducia nell'Amore e nella Vita e cercando conforto nell'Unicità di ciò che esiste, al fine di esistere nella Gioia.
Va troppo male ?
Scritto da: demata | 10/12/07 a 17:07
Cara Marianna, preferirei che i malvagi non siedessero accanto alle vittime nemmeno durante l'antipasto. Perché aspettare il banchetto finale? Se fossi onnipotente, li sistemerei subito e guadagnerei le elezioni contro un avversario che rimanda alle calende greche :-)
Ma a proposito, chi sono i malvagi? Molti malvagi si credono buoni. Secondo una classica definizione, il male è tale per chi lo riceve. Ma se in realtà fosse bene?
Questo dimostra che la tua speranza è metafisica e le tue definizioni sono assolute, mentre la mia è terrestre e le mie definizioni sono relative. Come spiego nel post, sono 2 livelli diversi.
Anche Biz mi fa la stessa obiezione in margine al post di cui ho inserito il link nel post. Il dialogo fra relativo e assoluto è impossibile perché la speranza metafisica, non essendo verificabile, si appoggia sulla fede. Mentre il relativo vuole prove.
L'amore di cui parlo non ha niente a che vedere con quello della Lettera a Diogneto. La richiesta d'amore, in psicanalisi, è una richiesta di potere per ricuperare l'onnipotenza originaria, quella del bambino nell'utero materno. Dove non arrivo da solo, ci arrivero' con l'aiuto degli altri. L'amore assicura che l'aiuto non mancherà e che la realtà sarà sotto controllo, dinamica necessaria per l'equilibrio della vita psichica.
Grazie per avere letto tutto il post. E' un po' lungo ma Ratzinger ha scritto 72 pagine. E devi ammettere che il mio stile è molto più leggibile.
Un abbraccio, buona serata
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 10/12/07 a 18:10
Caro Demata, la prolissità e la verbosità di Ratzinger servono a nascondere la sostanziale povertà delle sue idee. Se si fosse limitato a dire la sintesi di questa logorrea, "spera in Dio", tutti gli avrebbero riso in faccia. Ma rivestendo il nulla di frasi complicate (e anche sintatticamente zoppicanti)riesce a dare a qualcuno l'impressione che ha qualcosa da dire...
Ciao, buona serata e grazie per avermi letto
dragor(journal intime)
Scritto da: dragor | 10/12/07 a 18:16
E quello sarebbe laichese? :-)
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 10/12/07 a 18:21
L'espoir fait vivre comme on dit en français.... et il fait bien vivre : 4 milliards d'euros dépensés chaque année en France pour des questions telles que : "Que sera demain ? Comment devenir riche, gagner au loto ? Comment trouver l'amour ? Creduloni che non siete altro...L'église veut sa part du magot, c'est normal, non ? 'après tout, elle vend un espoir moins trivial.
Ce qui m'étonne ce sont tous ses prétendus chrétiens qui ont peur de la mort quand on leur promet la résurrection, les chrétiens qui craignent la mort n'ont pas la foi, voilà tout.
Bonsoir, Alex
Scritto da: alex | 10/12/07 a 18:53
Oui Alex, en effet paraphrasant Ernst Bloch qui dit que même les athées sont croyants, je dis que même les croyants sont athées
Ciao, bonne soirée
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 10/12/07 a 19:05
Tu, Alex ed Ernst Bloch dite bene,perchè io che ritengo di essere credente potrei essere atea. Io non ho mica le certezze di Ratzinger! Cerco di capire, questo sì, avendo ricevuto un'educazione cattolica.E poi la fede si conquista giorno dopo giorno.Non esiste una fede cieca ed assoluta, che il cristiano possiede una volta per sempre.
Io vedo questo percorso come impegno quotidiano dell'uomo, con cadute ed alzate.E guai, a mio avviso, se queste non ci fossero!
Un abbraccio, Marianna.
Torno dopo cena.
Scritto da: marianna | 10/12/07 a 19:21
Mi pare ci sia un tantino di schematismo di troppo nella tua tesi. La speranza è una connotazione individuale che difficilmente può essere ridotta a prevenzione ed amore.
Peraltro è la tua tesi.
Luigi
Scritto da: luigi | 10/12/07 a 21:10
Caro Luigi la speranza cristiana non può essere un fatto individuale.C'è la dimensione ecclesiale di comunità.Proprio nell'enciclica il papa per evidenziare che non c'è nè salvezza individuale e quindi nè speranza individuale(Speranza= Fede) cita il teologo francese De Lubac, che lo chiarisce molto bene.Siamo con DeLubac ai tempi del VaticanoII(1963-64).
Un abbraccione. Marianna.
Scritto da: marianna | 10/12/07 a 21:49
Caro Dragor,
ci rivediamo a Filippi. Cioè sul letto di morte.
Tesea
Scritto da: tesea | 10/12/07 a 21:54
Andate a vedere il blog di luigi accattoli cercando De Lubac su GOOGLE.
Marianna
Scritto da: marianna | 10/12/07 a 21:59
"Chi di speranza vive disperato muore". So di dover vivere e di dover morire. Non ho speranza di una vita dopo la morte. Ho certezza della VITA CHE CONTINUA dopo la MIA MORTE, a condizione che abbia saputo vivere preparando la vita degli altri che vengono dopo di me. Non vivrò né morro disperato: ne ho avuto la prova quando ero sul punto di morire per un cancro avanzato, circa vent'anni fa. Nel tempo che mi resta da vivere (non è mai troppo) sarò felice di avere amici che la pensano come noi, caro Dragor!
Pasquone
Scritto da: Pasquone | 11/12/07 a 07:27
che triste la vita senza nessuna speranza! vabbè, se il mio oroscopo 2008 non è un gran chè, mi consolo SPERANDO che abbia ragione tu :-)
Scritto da: Sonia | 11/12/07 a 10:12
MARIANNA
Vado a vedere il sito e ti sapro' dire. Ciao, un abbraccio
LUIGI
Tutti i tipi di speranza si possono ricondurre a questo schema. C'è una speranza razionale, fondata su dati di fatto e una speranza emotiva che si rivolge alle forze occulte. Quanto alla dinamica prevenzione-adattamento, è stata studiata in laboratorio e cosituisce una cognizione scientifica acquisita. D'altra parte ognuno la puo' sperimentare su se stesso, considerando le proprie reazioni quando non riesce a prevenire e adattarsi, e anche considerando il linguaggio. Perché esistono parole come disagio, imbarazzo, angoscia, paura, panico?
TESEA
Come si dimostra che la fede scaturisce dalla paura. Secondo Alex questo è puro ateismo
PASQUONE
Io trovo che la speranza sia una bellissima cosa. Dobbiamo soltanto renderci conto che ce l'abbiamo già e diffidare da chi vuole vendercela
SONIA
L'oroscopo 2008 come alternativa a spe salvi. Non c'è male... :-)
Grazie a tutti per i vostri commenti e soprattutto per avere letto questo lunghissimo post. A presto, buona giornata
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 11/12/07 a 11:07
La speranza sostiene, è sia filo che rete di salvataggio. Ma non è anche un rimando? Un ripetersi di frasi dai tempi ipotetici e futuri che rendono leggero il presente, che ci fanno credere migliore il quello piuttosto che il questo?
Ma allora, mi chiedo: è davvero così negativo perdere la speranza o è il solo modo per diventare presenti a se stessi?
Scritto da: Pim | 11/12/07 a 11:25
Il detto "chi di speranza vive disperato muore" è emblematico ed è il contrario del mio modo di pensare.
Al di là dei meccanismi psicologici studiati o meno, la mera speranza consistente nell'attesa di qualcosa da qualcuno è debolezza ed insicurezza. Sono uno strenuo sostenitore del decidere e dell'agire mettendo in conto le conseguenze che, tranquillamente, possono essere positive o no.
Non so se sono riuscito a spiegarmi.
Scritto da: luigi | 11/12/07 a 12:04
Caro Luigi, ovviamente speri che le conseguenze siano positive. Altrimenti a che pro decidere e agire?
A presto, ciao
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 11/12/07 a 12:12
Caro Pim, la speranza fa parte della natura umana, come ho cercato di dimostrare nel post. Quando ne fallisce una, ci si aggrappa a un'altra. E quando falliscono tutte, ci si rivolge alle forze occulte mettendo la ragione da parte. L'alternativa, come ho detto, è l'angoscia
A presto, ciao
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 11/12/07 a 12:16
Chiaro che mi auguro conseguenze positive. E' solo che non me le aspetto da nessun altro se non da me stesso.
Luigi
Scritto da: luigi | 12/12/07 a 10:34