La maestra elementare di mia figlia sosteneva di poter valutare la condotta di uno scolaro a partire dal nome. Ovviamente tutti la consideravano matta, ma alla fine dell’anno aveva regolarmente ragione lei: i più indisciplinati erano i Rayan, i Michaël e i Jonathan, i più disciplinati erano i Michel, i Louis e i Jean-Claude. Come si spiega questa straordinaria preveggenza? Semplicissimo: i nomi della prima categoria appartenevano a quelli che vengono definiti “ambienti socialmente sfavoriti”, dove si pescano i nomi nelle serie TV anglosassoni e non si è nemmeno capaci di scriverli nel modo giusto, gli ambienti dove spesso i bambini sono abbandonati a loro stessi e ignorano la disciplina. Mentre i nomi classici della seconda categoria indicavano l’appartenenza a famiglie di migliore livello socio-economico, quelle che di solito educano i figli in modo corretto.
Secondo uno studio di Levitt e Dubner, certi nomi possono costituire un handicap nella carriera perché indicano immancabilmente la provenienza da ambienti culturalmente sottosviluppati. Ecco perché i Jonathan, ormai abbastanza grandi per lavorare, dovrebbero essere svantaggiati rispetto ai Louis. Se questa teoria è giusta, nelle periferie si stanno preparando generazioni che avranno i loro problemi a inserirsi nel mondo del lavoro. Là nessuno dà nomi classici a parte l’intramontabile Mohamed. Il problema è che non sanno scrivere i nomi inglesi e nemmeno pronunciarli. Una famosa vincitrice della Star Academy, un reality show, si chiama “Jenifer” con una sola “n”. Sempre alla Star Academy a un certo punto ci sono stati un Mikael, un Micaël, un Mickaël e un Mikhaël, tutto perché Michel era sembrato ai genitori troppo banale mentre sarebbe stata un’autentica promozione sociale. Da notare che la dieresi su “e” serve a pronunciare separatamente le vocali, cosa che gli inglesi si guardano bene dal fare, a parte il fatto che pronunciano “i” come “ai”. Del resto Kevin, un nome inglese diffusissimo nelle nostre periferie, viene spesso pronunciato in un modo che in italiano suonerebbe “che vino”. Eppure non ride nessuno.
Quando non sono storpiati, i nomi sono inventati. Un classico dei non classici è la serie “elle” con la quale si può formare qualunque nome: Maëlle, Gwenaëlle, Crystaëlle, Gaëlle. Questa serie sostituisce i nomi femminili di qualche anno fa che dovevano terminare rigorosamente in “a”: Laura, Alexandra, Patricia, Sandra, Léa, Emma. Per i maschi, comunque, il palmarès del 2007 va a due nomi italiani: Enzo (preso come un nome anche se è il diminutivo di Lorenzo) e Mattéo. Ma come fantasia, nessuno batte gli americani dove ho trovato una Shayvonne, un DeVoyal e una Shontelle. Mentre in Europa si scelgono i nomi nelle serie televisive USA, in America si inventano come Condoleeza che in origine era Con Dolcezza (anche là sbagliano a scriverli) o si cerca di copiare quelli delle classi sociali ritenute superiori che in media ogni 2 anni passano a quelle inferiori.
Gli italiani sembrano meno aperti tanto ai nomi di fantasia che ai nomi anglosassoni. Continuano imperterriti con le Moniche, i Mattei e le Simone, anche se Jonathan e Jessica fanno la loro parte, e ho recentemente conosciuto una Dayana. E pensare che gli americani scrivono Diana come Dante…
Dragor
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