Era una serata come tante alla Cave Romagnan. La gente fumava allegramente infischiandosi del divieto, Manu cercava d’iniziare alla jazz-dance una decrepita turista tedesca, Samira cercava di scroccare l’ennesimo Côtes-du-Rhône a chunque fosse disposto a pagarle i 4 euro della consumazione e il gruppo suonava una stanca versione di Night in Tunisia, un vecchio standard di Dizzy Gillespie. Sembrava una serata come tante, ma non lo era. Perché a un tratto qualcuno è entrato facendosi largo fra la folla che ingombrava l’ingresso. Lei.
L’ho riconosciuta subito. Il viso bianco e dolce, la tunica per dissimulare la linea un po’ appesantita, le labbra atteggiate nel suo sorriso materno. Gli anni e la distanza si sono dileguati, in un istante da quella cave fumosa della rue d’Angleterre a Nizza mi sono ritrovato all’hôtel Eden Palace di Montreux con tutta la passione del primo amore. E pensare che la prima volta non mi era piaciuta. Ormai ho imparato la lezione: al momento rifiuto tutto quello che mi piacerà alla follia. Le donne più importanti della mia vita, quelle di cui avevo bisogno, all’inizio le ho detestate. La prima volta che l’ho sentita, ho pensato: ma questa non sa cantare. Non ha voce, non ha sentimento, non ha niente, perché non cambia mestiere? E mentre lo pensavo, non mi accorgevo di essere già prigioniero del suo sortilegio. Non mi accorgevo che mi stava attirando nel suo mondo, che mi costruiva attorno la sua gabbia fatta di strane note tese, penetranti e leggermente vibrate verso la fine, un edificio che sorgeva così lentamente da risultare quasi impercettibile ma progettato con cura in ogni struggente particolare. Non aveva la solare intensità di Ella Fitzgerald, non aveva il timbro sofisticato di Billie Holiday, ma ogni nota ti toccava intimamente e faceva vibrare corde sconosciute. Sono pochissime le cantanti capaci di toccarti con una sola nota: Amalia Rodrigues, Ella Fitzgerald, Bessie Smith, Cesaria Evora, Maria Callas, Billie Holiday e lei. Quelle note fredde, lunari, erano altrettante lame che ti arrivavano diritto al cuore. Così l'ho seguita fino a Montreux e ho preso alloggio nello stesso albergo. Ma c'erano due problemi: poteva essere mia madre e divideva una camera con John Lewis, il pianista del Modern Jazz Quartet. Il primo si poteva risolvere, il secondo no.
E adesso mi stava davanti nel ristretto spazio della Cave Romagnan fra gente che la guardava incuriosita, il volto e il corpo segnati dagli anni ma per me bella come il primo giorno che l’avevo vista. Perché quando si è amata una persona, resta fissata nella memoria in un’eterna giovinezza. Ho pensato accidenti, perché non ho portato il flauto?, ma lei stava già parlando con il pianista che sfogliava gli spartiti e alla fine si sono accordati per Everything Happens to Me. Qualche accordo introduttivo, l’accenno del tema, i rintocchi profondi del contrabbasso, il sussurro delle spazzole e finalmente lei, Helen.
Eccola qui, Helen Merrill. Ha il suo posto nella storia del jazz. E nella mia.
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Dragor
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Che meraviglia questo post, Dragor!!!
Mi hai fatto venire i brividi, mi hai emozionato, sia per l'amore che condividiamo riguardo la musica, sia per come è stato scritto.
Grazie.
Antonio
Scritto da: Antonio Cracas | 29/10/08 a 08:45
Ho sentito la sua musica per la prima volta a Seattle nel 1967. Di quella occasione, per le mie predilezioni musicali ricordo So Danco Samba, pezzo di un intero album di fantasmagorica bossa nova.
E riesco fin a capire il senso di ciò che hai descritto nel tuo bel post.
luigi
Scritto da: gobettiano | 29/10/08 a 12:48
Caro Dragor,
devo assolutamente decidermi a frequentare questa benedetta Cave Romagnan.
Buona giornata!
Scritto da: susanna | 29/10/08 a 13:43
Grazie, caro Antonio. Ti capisco perché provo le stesse emozioni. Più il jazz diventa obsoleto, più cresce il fascino di chi ha vissuto la sua storia. Ormai sono come i reduci della I Guerra Mondiale, ogni giorno ne scompare qualcuno :-)
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Seattle 1967. Ecco come una cantante di jazz sconosciuta alla massa puo' scrivere il suo nome in un arco di quasi mezzo secolo e unire nella comune passione abitanti di luoghi lontani. Grazie per questo ricordo, Luigi. Quando è venuta da noi, non l'ha riconosciuta nessuno.
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Grazie per le vostre visite, buon pomeriggio
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 29/10/08 a 13:53
Carissimo Dragor, mentre gli uomini sono impegnati a seguire Napoli-Reggina, io tento di commentare questo tuo post davvero superlativo.
Splendida autentica storia d'amore.
Musica divina. Un testo così ben articolato da risultare tanto avvincente da desiderare chiedere al narratore e poi??
Buona notte con affetto.
Marianna
Scritto da: marianna | 29/10/08 a 21:36
Merci Dragor pour ce merveilleux post. Ne me dis pas que c'était le Montreux où se sont retrouvées sur scène Helen Merrill, Shirley Horn et Abbey Lincoln !
Une petite chanson m'est venue à l'esprit en lisant le post :
http://www.youtube.com/watch?v=0JNAjhdI9eY
Alex
Scritto da: Alex | 30/10/08 a 17:02
Alex, parfois ton humour est impitoyable... :-))
Non, cette fois-là il y avait Miriam Makeba e Sarah Vaughan.
Bonne journée, à bientot
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 31/10/08 a 10:24
E poi, Marianna, c'è stata una bella cena in compagnia. C'erano anche Dédé e mia figlia, che conoscono tutta la storia e adorano Helen
A presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 01/11/08 a 11:35