Attenzione, non lo dico io. Non intendo esporre al rischio di una denuncia me stesso e chi mi ospita. Non faccio altro che riportare le parole un alto magistrato, il giudice Luigi Tosti, una persona qualificata per esprimersi sull’argomento. E’ un funzionario della Repubblica, un esperto di diritto e un tutore della legge. Mi limito a dire che sono d’accordo.
Perché la Chiesa cattolica è un’associazione a delinquere? Secondo Luigi Tosti, ogni volta che un suo membro commette un crimine, la chiesa si comporta come la mafia e cerca di sottrarlo alla giustizia. Alla richiesta di giustizia risponde immancabilmente con un’omertà di stampo mafioso e il confezionamento di una frottola che diventa la verità ufficiale. E’ una regola consolidata, per quanto enorme sia il crimine commesso dal membro in questione. Non parlo dei crimini storici come le crociate, l’inquisizione, le torture, la caccia alle streghe, le persecuzioni razziste, lo sterminio degli amerindi, le esecuzioni dei patrioti e i soprusi dei missionari che da soli basterebbero a qualificare la chiesa cattolica come un’associazione criminale. Non parlo degli sforzi per nascondere i preti pedofili giocando alle tre tavolette. Non parlo nemmeno della campagna per la diffusione dall’AIDS mediante soppressione del profilattico. No, parlo soltanto della protezione degli assassini, in particolare di quelli affiliati alla chiesa cattolica. La Corte di Cassazione penale ha costantemente affermato che "commette reato di favoreggiamento personale (art. 378 codice penale) “chi aiuta il colpevole di un delitto a sottrarsi alle investigazioni, anche se non ancora in atto".
Athanase Seromba è uno dei più grandi assassini della storia, se non il più grande. In Rwanda ha attirato 2000 persone di etnia Tutsi nella sua chiesa, le ha chiuse dentro e le ha fatte schiacciare dalle ruspe. Questo mostro che fa sembrare degli angioletti perfino i criminali nazisti è stato nascosto dalla chiesa, perfettamente al corrente dei suo crimini, nella parrocchia dell’Immacolata vicino a Firenze. La Chiesa si è opposta al suo arresto e alla sua estradizione in ogni modo possibile, chiedendo anche l’intervento del governo Berlusconi. Finalmente è stato arrestato e condannato, ma la Chiesa cattolica continua a proteggere altri assassini in libertà.
Carlo Isacco Bellomi, un missionario italiano di Caravaggio (Bergamo) presente in Rwanda dal 1941 e collaboratore attivo dei massacri precedenti nel 1959, 1961, 1963, 1965, nel 1994 è di nuovo alla guida degli assassini. Aveva un’autorizzazione di porto d’armi. Secondo l’inchiesta del giornale cattolico Golias, “avrebbe partecipato ai massacri di Resumo, in particolare a quelli della sua parrocchia. Non soltanto durante le sue omelie predicava con virulenza l’odio e la caccia ai Tutsi, ma per tutti i mesi di aprile e maggio 1994 presidiava le barriere con il suo fucile, accompagnato dagli assassini ai quali aveva insegnato l’uso delle armi.” Attualmente questo mostro si nasconde dalle parti di Brescia.
GUY THEUNIS, UN MISSIONARIO BELGA, è un ispiratore del genocidio del 1994 che in Rwanda ha fatto un milione di morti. Sulla rivista rwandese Dialogue ha scritto numerosi articoli di taglio razzista. Era strettamente legato ai genocidari e conosceva bene i loro programmi. Ha confessato di avere saputo tre settimane prima del 7 aprile 1994, data d’inizio dei massacri, lo scopo dei estremisti della CDR (Coalizione per la Difesa della Repubblica, la frazione più radicalmente razzista della cricca del presidente Habyarimana) era “ricominciare i massacri del 1959”. Non dice che approvava questo progetto ma tutto, nella storia di questo personaggio, lo lascia supporre. Nel 1994 la “rivoluzione sociale” doveva dare al “problema tutsi” la sua “soluzione finale” senza commettere “l’errore del 1959”, ossia quello di risparmiare le donne e i bambini. Il 6 settembre 2005 Guy Theunis è stato arrestato durante una sua visita in Rwanda, ma prontamente rilasciato sotto la pressione delle autorità belghe e di Reporter senza Frontiere, mobilitati in aiuto del missionario. Secondo l’accordo, avrebbe dovuto essere giudicato in Belgio. Ma i belgi, che come sottomissione alla Chiesa fanno concorrenza agli italiani, al suo arrivo a Bruxelles si sono affrettati a comunicargli che sbarcava nel paese come “uomo libero”.
Guy Theunis ha contribuito a confezionare la frottola che Il Vaticano ha adottato come verità ufficiale per mascherare i crimini della Chiesa in Rwanda, il dogma che tutti ripetono come pappagalli dai missionari sul terreno ai più alti prelati del Vaticano. Ha capovolto i dati trasformando le vittime in carnefici. Per lui all’origine del genocidio c’è Il Fronte Patriottico Rwandese, un movimento di opposizione armato alla dittatura di Habyarimana composto da esiliati hutu ma soprattutto dai figli dei rifugiati tutsi sfuggiti ai massacri del 1959-64. “E’ un atto suicida che il FPR ha commesso di fronte ai suo congeneri” scrive. “Con la sua offensiva il FPR ha incitato ai massacri numerosi Hutu disperati” per poi concludere cinicamente come un altro pappagallo, il missionario comboniano Aurelio Boscaini sulle pagine del periodico Nigrizia: “Non ci sono mai stati tanti Tutsi in Rwanda come dopo i massacri”, ovviamente omettendo di dire che si trattava degli esiliati di ritorno.
QUESTI SONO SOLTANTO ALCUNI ESEMPI fra tutte le migliaia di casi. Non sto dicendo che tutti i missionari siano assassini o loro complici, ma citatemi una voce, soltanto una, che si sia dissociata dal coro e non abbia pappagallescamente ripetuto la versione ufficiale. E’ chiaro che nessuno può dissociarsi perché sarebbe radiato dalla chiesa. E il silenzio è complice.
La Chiesa esprime la posizione del Vaticano in un articolo dell’Osservatore Romano del 19 marzo 1999: In Rwanda è in corso un’autentica campagna di diffamazione contro la Chiesa cattolica per farla sembrare responsabile del genocidio dell’etnia Tutsi che ha devastato il paese nel 1994. L’arresto di monsignor Misago (accusato di complicità nella strage di 150.000 Tutsi nella sua diocesi) cinque anni dopo i massacri dev’essere considerato come l’ultimo atto di una strategia del governo rwandese per ridurre o eliminare il ruolo conciliatore che fino ad oggi la Chiesa ha sempre avuto nella storia del Rwanda, cercando d’infangarne l’immagine in ogni modo possibile (…). Attualmente l’attenzione della popolazione è polarizzata sul genocidio del 1994. Bisogna in realtà precisare che c’è stato un doppio genocidio: quello contro i Tutsi (e certi Hutu moderati) commesso a partire dal 6 aprile 1994, che ha fatto più di 800.00 vittime, e quello contro gli Hutu, a partire dall’ottobre 1990 fino alla presa del potere da parte del Fronte Patriottico Rwandese (FPR) tutsi nel luglio 1994. Questo genocidio degli Hutu è continuato nella foresta zairese, dove gli Hutu si sono rifugiati senza la minima protezione della comunità internazionale. Il numero delle vittime ammonta a circa un milione. I due genocidi sono entrambi orribili e devono essere ricordati entrambi se si vuole evitare una propaganda unilaterale.
Così questo testo afferma l’esistenza di un secondo genocidio, effettuato dai Tutsi contro gli Hutu. Quest’asserzione non ha nessuna base storica. Qui si ritrovano le parole dei pianificatori dei genocidio dei Tutsi, con i quali la Chiesa di Roma si allinea perfettamente: il genocidio dei Tutsi non sarebbe che una forma di autodifesa. E questo articolo che riprende l’ideologia genocidaria ha tre asterischi. Per chi non lo sapesse, significa che è ispirato dal papa
Dragor
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