Ricordate “The Sound of Music”, quel vecchio film che in Italia è stato distribuito con il titolo Tutti Insieme Appassionatamente? Nell’incantevole cornice di Salisburgo, una governante uscita da un convento si occupa dei 7 figli di un inflessibile militare vedovo. Se ricordo bene, una sera si scatena un temporale e i bambini sono terrorizzati dai tuoni. Così che cosa fanno? A partire dai più piccoli e progredendo in ordine di età, si rifugiano uno dopo l’altro nella camera della governante che accetta generosamente di ospitarli nel suo letto.
Per aiutarli a scordare gli elementi che imperversano all’esterno, Julie Andrews, l’attrice che interpreta la parte della governante, canta loro una canzone composta da Richard Rodgers per il musical da cui è tratto il film: My Favorite Things, Le Mie Cose Favorite. E’ una canzone tenera e deliziosamente intima, l’ideale per confortare dei bambini spaventati che infatti le si stringono intorno come pulcini sotto le ali della chioccia e dimenticano tutti i pregiudizi che nutrivano nei confronti dell’ennesima governante assunta dal loro austero genitore. No, non è un’arcigna befana come le altre. E’ una donna dolce, materna e comprensiva, forse degna di prendere il posto della mamma volata in cielo…
Questa stessa canzone è stata ripresa da John Coltrane, uno delle più grandi personalità musicali del XIX secolo, in una memorabile incisione del 1961, un’interpretazione che ha rivoluzionato la storia del jazz e che ogni musicista degno di questo nome si è studiato nota per note non per copiarla, dato che nel jazz non si copia mai, ma per carpire i segreti del suo grande esecutore e integrarli nel proprio linguaggio musicale. Sull’inimitabile base creata da tre grandi musicisti come il pianista McTyner, il batterista Elvin Jones e il bassista Jimmy Garrison, John Coltrane distende le note del suo sax soprano eseguendo dapprima il tema su un tempo di 6/8 per l’epoca rivoluzionario nel jazz, poi riprendendolo, scomponendolo e ricomponendolo come un pittore cubista in stupefacenti serie di progressioni e imitazioni mentre il piano continua ossessivamente a suonare la tonica ed Elvin Jones accompagna con una punteggiatura ritmica molto simile a quella della tabla, frutto del fondamentale incontro del gruppo con Ravi Shankar, il grande musicista indiano, solo facendo più rumore con agghiaccianti scrosci sui piatti e rombi di tuono sulla grancassa. Il sax soprano di John Coltrane si libra su questo cataclisma come una siringa pastorale, ipnotico, mistico, infilando chorus su chorus, inebriandosi della sua musica e comunicando l’ebbrezza a chi lo ascolta. Quando credete che la fantasia si sia prosciugata come una pozzanghera nel deserto, ecco una nuova valanga d’idee una più sorprendente dell’altra. E il grande artista continua così, trovando sempre qualcosa da dare quando sembra che abbia dato tutto. Che cos’è rimasto di My Favorite Things originale? Niente. Abbiamo solamente la musica di John Coltrane.
I Diritti dell’Uomo, di cui sta per ricorrere il 60° anniversario, devono essere festeggiati allo stesso modo. Non come una vecchia, stucchevole canzone per farne una stele sulla quale si deporranno le corone protocollari. Una vecchia canzone della quale i soliti stupidi giungeranno perfino a contestare la legittimità, asserendo che i Diritti dell’Uomo sono una faccenda squisitamente europea e quindi contestabile. Contro la quale i soliti stupidi non mancheranno di rispolverare il relativismo culturale sostenendo che l’imposizione di costumi europei alle altre culture è una forma di neocolonialismo, che l’arbitrio di quelle culture è altrettanto legittimo del “nostro” diritto. No, cari, la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è veramente universale. Riguarda gli abitanti di ogni angolo della terra. Ma ogni giorno va reinventata e intepretata come My Favorite Things, integrando tutte le culture come John Coltrane integra nel jazz quella indiana. Va di volta in volta adattata alle circostanze e proiettata in una dimensione che definirei ecumenica, se non fosse un termine usato da chi marcia regolarmente sui diritti umani come un rullo compressore. I Diritti dell’Uomo non devono essere mai scontati come una vecchia canzone, bisogna ricrearli senza sosta. Quando sembra di avere dato tutto, bisogna ritrovare la convinzione e la forza che 60 anni fa sono occorsi per imporli a un mondo che se ne infischiava, a un mondo che massacrava e violentava come se fosse la cosa più naturale. Bisogna saperli interpretare e ricreare affinché gli uomini di ogni cultura possano riconoscersi in loro e considerarli Their Favorite Things, le loro cose favorite.
Dragor
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Qui sotto potete ascoltare My Favorite Things nella versione di Julie Andrews in “The Sound of Music” e in quella di John Coltrane con il suo quartetto, al quale è stato aggiunto Eric Dolphy al flauto. Ma il vero solo è quello successivo di Trane.
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Complimenti vivvissimi per il pezzo scritto in maniera elegante come solo tu sai fare quando ti metti d'impegno.
Superlativo l'accostamento, con dettagliata spiegazione tecnica, al brano musicale diJohn Coltrane e all'arte in fieri di un pittore cubista.
Dico questo non per piaggeria quanto per sottolineare ancora una volta la qualità di un certo tipo di scrittura, che diviene poi piacevolissima lettura.
In merito alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo ci risparmino le autorità commemorazioni melense e vadano a verificare invece lì dove di essi non c'è traccia. Possibilmente per "fare". E non per stare a guardare o blaterare.
Un abbraccio affettuoso e buona giornata!
Marianna
Scritto da: marianna | 24/11/08 a 08:31
Ho scritto il commento e TYPE PAD non lo evidenzia!
Cominciamo?
Marianna
Scritto da: marianna | 24/11/08 a 08:33
SONO STUFA DI PERDERE TEMPO PER VEDERE COMPARIRE UN COMMENTO!!!
Scritto da: marianna | 24/11/08 a 08:37
Ieri ho visto la bozza di questo post poi è scomparso!
Non si vede bene se Coltrane suona un clarinetto o un sax soprano.Non riesco a distinguere!Ha anche suonato il flauto in altre occasioni.
Quanto ai diritti Umani il cammino è ancora molto lungo.
Tutti i paesi firmano tutte le convenzioni internazionali(diritti umani,inquinamento...) ma le rispettano in pochi.
Il cattivo esempio viene sempre dato dalle nazioni civili.Basta ricordare Abu Ghoraib e Guantanamo.
Osman
Scritto da: Osman | 24/11/08 a 11:13
Caro Osman, no, John Coltrane non ha mai suonato il flauto. Ha sempre suonato il sax tenore e a partire dal 1961 anche il soprano. Il flautista che si vede nel video è Eric Dolphy, aggregato non si sa bene perché al celebre quartetto. Il sax soprano è di metallo e molto più largo del clarinetto, che è di legno verniciato di nero.
Che occhio! Ieri hai visto la bozza perché volevo salvarlo per pubblicarlo oggi ma per sbaglio l'ho pubblicato. Cosi' l'ho ritirato subito dopo.
I diritti umanbi li rispettano in pochi perché manca la tensione morale e tutti ascoltano la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo come una vecchia canzone alla quale non si fa più caso. Ecco perché questa canzone va reinventata e interpretata come fa John Coltrane con My Favorite Thing.
Grazie per la visita, buona giornata, a presto
Scritto da: dragor | 24/11/08 a 11:29
Si'cara Marianna, in questo caso "fare" significa interpretare e reinventare. Riempirsi la bocca di parole come democrazia, libertà ecc. è come cantare My Favorite Things come Julie Andrews: quando hai sentito e risentito la canzone, non ci fai più caso. I diritti umani vanno reinventati e interpretati come fa John Coltrane con la vecchia canzone. Penso che il jazz sia una scuola di vita. Mai eseguire il tema sempre allo stesso modo ma variarlo secondo l'estro. Di monotonia si muore
Grazie per l'apprezzamento, un abbraccio, a presto
Scritto da: dragor | 24/11/08 a 12:37
Terrible ce post. C'est vrai que la partition des droits de l'Homme devrait être interprétée comme le Jazz. La musique de Jazz n'est vivante que si elle est jouée "Live" ; ça devrait être la même chose pour les droits de l'Homme...
A propos de live, Universal vient de rééditer un chef d'oeuvre, Eric Dolphy at the Five Spot :
http://www.deezer.com/#music/playlist/8
(Piano : Mal Waldron ; Richard Davis : contrebasse ; Ed Blackwell : batterie ; Booker Little : trompette)
Alex
Scritto da: Alex | 24/11/08 a 13:40
Alex!
Le lien ne s'ouvre pas.J'ai du aller les repecher dans ta playlist.Deux mrceaux de Eric Dolphy:The prophet et Fire Wlatz.
http://www.deezer.com/track/1565761
http://www.deezer.com/track/2313713
Osman
Scritto da: Osman | 24/11/08 a 19:14
C'est ça Alex, les Droits de l'Homme ne sont vivants que s'ils sont joués live. Le jazz est aussi une école de vie. Dire et faire toujours les mêmes choses sans variations sur le thème, ça veut dire tuer la vie et mourir avant l'heure.
Le lien d'Eric Dolphy ne s'ouvre pas, mais Osman nous a fourni deux autres liens. De toute façon je prefère de loin John Coltrane :-)
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Osman, grazie per i link. Una volta Eric Dolphy era considerato l'avanguardia, oggi sembra un pezzo da museo
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Grazie a tutti per la vostra visita, buona giornata, a presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 25/11/08 a 08:20
Post tambureggiante come il ritmo tenuto da Elvin Jones. E' un bel modo per ricordare un anniversario e soprattutto che troppo lavoro rimane ancora da fare.
luigi
Scritto da: gobettiano | 27/11/08 a 09:07