Qual è la differenza fra Rita Clementi e tanti altri ricercatori che hanno abbandonato l’Italia? La capacità di scrivere. Pacata eppure terribile nella cruda descrizione dei fatti, la sua denuncia è uno dei documenti più impressionanti che mi sia capitato di leggere non soltanto a proposito della tragica situazione della ricerca di Italia, ma di un certo malcostume che impera nelle università. Sapevamo che in questi ambienti la raccomandazione conta più dei meriti professionali. Sapevamo che puoi fare la scoperta del secolo, ma se non hai un santo in paradiso la tua scoperta non verrà considerata “interessante”. Sapevamo che molti docenti dichiarati colpevoli per avere violato le norme dei concorsi universitari sono ancora al loro posto e continuano allegramente a violare le norme in questione. Sapevamo che non è soltanto questione di soldi, che la ricerca viene distrutta dalle lobby che usano le università come un feudo privato. Ma mi è successo raramente di vedere esposte le ragioni con tanto razionale distacco e simultaneamente con tanta furibonda amarezza. Una frase mi ha colpito in modo particolare: “Il sistema antimeritocratico danneggia non solo il singolo ricercatore precario, ma soprattutto le persone che vivono in questa Nazione.” Vorrei fare una correzione: i delinquenti che hanno distrutto la meritocrazia danneggiano tutti, non soltanto in Italia ma nel mondo intero. In questo momento qualcuno sta morendo per causa loro. Rita Clementi sta studiando l’origine genetica di alcune forme di linfoma maligno. Chi può sapere quali progressi avrebbe fatto la terapia del cancro, se quei delinquenti non avessero messo i bastoni fra le ruote ai ricercatori? Conosco bene il problema, perché una mia amica biologa ha lasciato l’Italia per lo stesso motivo. Anche lei faceva ricerche sull’origine genetica dei tumori. L’unica differenza è che se n’è andata in silenzio.
Dragor
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aggiungerei una cosa, la clementi si può permettere di denunciare lo stato delle cose perché ha deciso di andarsene (e ti assicuro che nella maggior parte dei casi, almeno delle persone che conosco io, ce se ne va via sempre con molta amarezza); se vuoi rimanere e continuare a fare il tuo lavoro devi startene zitto.
Scritto da: bourbaki | 02/07/09 a 14:44
Bourbaki, ma ne vale veramente la pena di restare in Italia a fare il proprio lavoro? Tra mille problemi e ingiustizie? Ma soprattutto, perchè TUTTI quelli che se ne vanno non fanno una cosa simile? Darebbe sicuramente visibilità e permetterebbe alle persone di avere un'idea più precisa della dimensione di questo fenomeno.
Se io fossi una ricercatrice e avessi la possibilità di andarmene lo farei.
Purtroppo a quanto pare in Italia non si è più in grado di lottare per qualcosa (o contro qualcosa). Peccato, siamo diventati un popolo di sfiaccati e si che ce ne sarebbero di cose da migliorare :(
Scritto da: castalia | 02/07/09 a 18:22
Castalia, un popolo di ignoranti e divertiti....
Scritto da: matzudaira | 02/07/09 a 19:14
guarda castalia, io qui ho una certa indipendenza, qualche finanziamento mio - cosa minima, ma che mi assicura una certa libertà, anche solo nel permettermi di comprare pc etc. Allora provo a stare a galla finché dura - non sono nel giro dei baroni che decidono chi mettere dove - perché poi non si vive di solo lavoro, c'è anche tutto il resto.
bourbaki
Scritto da: bourbaki | 02/07/09 a 20:37
ho dimenticato di rispondere perché quelli che se ne vanno non dicono niente.
in genere per mantenere buoni rapporti, che poi vuol dire continuare collaborazioni di ricerca. perché certe cose non sono gradite, non solo dai diretti interessati
Scritto da: bourbaki | 02/07/09 a 21:26
Carissimo Dragor, hai fatto bene ad evidenziare la fuga di Rita Clementi, esponendo le motivazioni dell'andare che lei stessa ha così bene esplicitato.
Il danno in questi ambiti delle scienze è enorme per il bene del nostro Paese.
Eppure nessuno fa niente.Veramente niente.
Un'altra tessera del puzzle della decadenza verso cui siamo inesorabilmente avviati.
Tristezza profonda e impotenza,purtroppo.
Un abbraccio affettuoso come sempre e tanta stima.
Marianna
Scritto da: marianna | 02/07/09 a 21:48
Frequentavo luoghi dove si fa ricerca tecnologica privata con forti finanziamenti pubblici, non è l'Università, ma ci sono molte lacune. Le persone in quel ambiente che più stimo sentonono, come Marianna, "tristezza profonda ed impotenza".
Scritto da: Andrea | 02/07/09 a 22:08
Bourbaki, secondo Clementi non puoi fare il tuo lavoro nemmeno stando zitto. E' per questo che se ne va, cosi' potrà fare entrambe le cose: lavorare e parlare. Certo, ogni caso ha le sue particolarità e qualcuno, come confermi, riesce a ritagliarsi il suo spazio
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Castalia, la ricerca trascende le nazioni, la scienza ha una vocazione universale. Un ricercatore ha il diritto-dovere di mettersi nella miglior condizione per ricercare. L'Italia offre la peggiore, ecco il problema.
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Marianna, se la partenza di Clementi servisse a qualcosa, sarebbe la benvenuta. Un sasso gettato nello stagno. Ma ho l'impressione che l'università italiana assomigli alla Sicilia del Gattopardo, dove tutto cambia perché non cambi niente
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Andrea, per fare una buona ricerca (come per tutto) bisognerebbe sentirsi allegri e onnipotenti. Il punto di partenza delle persone di quell'ambiente è un po' deprimente
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Grazie a tutti per la visita e i commenti, buona giornata, a presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 03/07/09 a 09:16