Non potete immaginare com’è nera la notte in Africa. Oltre la luce gialla che s’irradia fra svolazzi di falene dalla lampada del vostro portico, giusto quanto basta per rivelare i fiori azzurri della jacaranda e le larghe foglie verdi del banano, c'è un buio così nero che inghiotte perfino i pensieri. Da lontano vengono gli ululati dei cani che di giorno avete grattato dietro le orecchie. Di notte regrediscono allo stato selvatico e ululano come lupi.
- Papà, parlami di quando hai incontrato Billie Holiday.
- Billie? Ma te ne ho già parlato.
- Non importa, parlane ancora.
- E va bene. Era il 1958. Sono andato al Blue Note. C’erano Ben Webster e Roy Eldridge, un trombettista che aveva fatto parte dell’orchestra di Duke Ellington. C’era anche Kenny Clark, un batterista che si era stabilito a Parigi. Lo conosci?
- Sì.
- Stavano suonando. Io ero seduto vicino al palco, suonavano un blues. Il primo solo è toccato a Ben Webster. Suonavano seduti, molto rilassati. Ho sentito subito che c’era il mood. Sai come suonava Ben Webster ?
- Poche note ma buone.
- Proprio così. Lunghe e calde, leggermente vibrate verso la fine. Attacchi leggeri, ben bilanciati sul ritmo. Era un blues, un vero blues. A ogni frase, il mood diventava più intenso. Ogni chorus caricava il successivo, la batteria scandiva il tempo con accenti sempre più marcati, il basso con suoni più profondi. C ‘è stato il solo di piano, poi quello di Roy. Sai, quello che sembrava un po’ Gillespie e un po’ Armstrong.
- L’anello di congiunzione.
- Se vuoi chiamarlo così. E dopo il solo di Roy, all’improvviso è sceso il silenzio.
- Il silenzio?
- Sì. Hanno smesso di suonare. E tutti fissavano il tavolo accanto al mio.
- Perché?
- Come, perché? Perché c’era lei.
- Lei?
- Billie. Non me n’ero accorto. Era seduta al mio fianco.
- Che cos’ha fatto?
- Niente. Aveva un bicchiere in mano e sul tavolo c’era una bottiglia di Vat 69. Stava fissando il bicchiere e sembrava infischiarsi di tutto.
- E poi?
- E poi si è accorta che la stavano guardando. Si è riscossa. Ed è entrata nel blues.
- In che modo?
- All’inizio non ho nemmeno capito che cantava. Credevo che stesse parlando.
- Perché?
- Cantava così piano che quasi non la sentivo. Le note erano incerte. Poi sua voce si è distesa. E allora…
- Allora?
- Allora la batteria e il basso hanno ripreso il tempo, il piano gli accordi. E Billie ha cominciato a costruire il suo mood.
- Com’era?
- Sai, all’inizio Billie dava l’impressione di non saper cantare. Emetteva delle strane note. Tese, fredde, lunari. Sembravano piovere dalla stratosfera. Erano come lei, tutti la trovavano antipatica. Ti guardava come se fossi uno scarafaggio.
- E poi?
- E poi, mentre ti ribellavi a quella musica, ti accorgevi che ti era entrata sotto la pelle. Che ti aveva costruito attorno una gabbia nella quale eri prigioniero. Come stava facendo Billie quella sera. Sembrava svogliata. Accennava una frase del blues e beveva whisky mentre Ben le rispondeva dolcemente con il sax. Altra frase, altra risposta. Ma stava tessendo la sua trama. Appoggiava sulle blue notes. Dopo tre frasi, mi sono accorto che non ero più in questo mondo.
- Dov’eri?
- Nel suo. Perché in ognuna di quelle note era concentrato un feeling così immenso che non arrivavi ad afferrarlo tutto. C’era tutta la sua storia. Il disprezzo, la rabbia, l’orgoglio, la disperazione, l’amore. Non ho mai sentito delle note così. Ognuna era un mondo. Accidenti, il whisky è finito. Il boy me lo ruba, ho segnato l’etichetta. Be’, andiamo a letto. In questo accidente di posto non c’è niente da fare.
Dragor
A Billie Holiday 1915-1959
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Belle histoire qui donne des frissons, comme j'aurai voulu entendre cette inoubliable chanteuse, quelle présence. Quel talent vous avez pour raconter et nous accrocher pour vivre avec vous cet instant magique...compliments..Amitiès...Eliane
Scritto da: Eliane Micheluzzi | 15/03/10 a 09:33
Eliane, mon père aime le jazz et jouait de la batterie. Il a connu tous les grands du jazz. A Bujumbura, quand il n'y avait pas de télé ni d'ordi et on avait plein de temps pour parler, il me parlait de ces personnages. Dans le noir de la nuit ils me semblaient vivants et maintenant j'essaie de les faire revivre.
J'ai choisi cette vidéo car Billie chante avec Ben Webster (qui a été son fiancé) et Roy Eldridge, 2 musiciens cités par mon père (mais le solo meilleur est celui de Lester Young). Merci de votre visite, pour moi c'est un plaisir de partager ces moments avec vous
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 15/03/10 a 10:30
Merci Dragor, chez moi aussi on est fou de Jazz, d'abord mon mari disparu puis maintenant mon fils et bien que je sois plus attirée par la musique classique j'aime aussi beaucoup le Jazz qui j'écoute avec un grand plaisir que je partage avec Luc...J'immagine bien votre père vous racontant ses rencontres...Amitiès..Eliane
Scritto da: Eliane Micheluzzi | 15/03/10 a 13:02
Bellissima storia, che mi pare avvesi già raccontato in un'altra circostanza.E' il tuo stile comunque che cattura qualunque sia l'argomento.
Certo se, come in questo caso, si parla di una passione musicale, che tu hai dentro di te, il pezzo raggiunge l'acme.
Complimenti sinceri!!!
Dolce anche questo ricordo di un tenero ed intelligente rapporto padre-figlio allora ed oggi rivissuto con Minou, dove il papà sei tu.
Un abbraccio.
Marianna
Scritto da: marianna | 15/03/10 a 15:48
Cara Marianna, la volta scorsa avevo parlato di Helen Merrill. Grazie per l'apprezzamento. Come dicevo a Eliane, quando a Bujumbura non c'erano la TV e l'internet, la sera si poteva soltanto parlare e mio padre, che per anni ha suonato la batteria, mi raccontava dei personaggi che aveva conosciuto e che mi sarebbe piaciuto conoscere. Era un modo per passare il tempo, dato che faceva buio a partire delle sei e bisognava tirare almeno fino a mezzanotte.
Un abbraccio, a presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 15/03/10 a 16:38
Non potro' mai ringraziare Lucy per avermi fatto nascere Africana dentro, la mia pelle chiara non racconta la mia anima ed come un gay o una lesbica nati in un involucro sbagliato, il nostro corpo non rispecchia a volte la vera anima. Basterebbe guardarsi dentro.... e' un altro Mondo piu' grande di quello dove viviamo.
A volte la paura fa di noi esseri umani dei mostri ed e' forse per questo che come te non credo nelle religioni.
Credo nell'amicizia, nell'amore, nella fratellanza, nell'uguaglianza, nell'onesta' e nel buon senso che fa di noi la differenza fra una semplice scimmia e LUCY. Ciao a presto Dragor
Scritto da: Marinella da Durban R.S.A. | 15/03/10 a 19:33
Ciao Marinella, benvenuta su Journal Intime. Siamo tutti figli di Lucy, ma secondo me il colore della pelle non conta più del colore degli occhi o dei capelli. Quello che siamo è nella mente. Sta a noi non sentirci parte di una razza ma del genere umano. Ce lo ricorda anche Billie Holiday con il suo famoso "Strange Fruit".
Grazie per la visita. Buona giornata, a presto
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 16/03/10 a 08:03
Caro Dragor, il piacere e' tutto mio quando leggo articoli interessanti da persone intelligenti! have you a nice day
Scritto da: Marinella da Durban R.S.A. | 16/03/10 a 08:09
E come facciamo noi ad essere sicuri che una semplice scimmia non ami, non senta, non soffra come Lucy? O Lucy come noi?
Tesea
Scritto da: Tesea | 16/03/10 a 21:28
Tesea, in effetti siamo scimmie nude. Lo dice anche Morris Desmond
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 17/03/10 a 09:35