Prima di partire per Gisenyi, ho deciso di ritrare un po’ di cash al bancomat locale. Forse non ci crederete, ma da qualche tempo in Rwanda potete ritirare i soldi con la VISA, addebitandoli sulla vostra banca europea. Il problema è che in tutto il paese solamente 2 bancomat accettano questa carta: uno si trova a Kigali nel quartiere di Remera, non lontano dalla mia casa. L’altro è presso la sede centrale della Bank of Kigali, nel quartiere di Lubangura.
Così sono andato al distributore di Remera e naturalmente mi ha accolto l’annuncio OUT OF ORDER scritto a lettere verdi sul quadrante. Va detto che la baracca è out of order un giorno su due. E quando funziona, non è detto che ti dia i soldi. Annuncia “wait for your money”, poi si mette a sussultare con un rumore di ferraglia, poi lo schermo diventa tutto nero, poi compare la scritta OUT OF ORDER, la carta resta dentro e devi recuperarla alla banca con 3 ore di coda. Per fortuna da noi le banche sono aperte anche il weekend.
Imprecando perché a casa mia moglie mi aspetta per partire, vado alla sede centrale della Bank of Kigali, a 7 chilometri da lì. L’ingresso è sorvegliato da guardie armate, ma sulla sinistra c’è una stanza di libero accesso con 4 bancomat: tre prendono solo carte locali, il quarto accetta la VISA. Tolgo la carta di tasca, faccio per infilarla nella fessura e nella concitazione mi cade per terra. Mi chino per raccoglierla e… incredibile, la carta non c'è.
Come, non c’è? Deve esserci, è caduta lì. Non ci sono buchi o grate, soltanto il lustro pavimento di marmo. Guardo a destra, a sinistra, in alto, in basso e devo arrendermi all’evidenza: la carta non c’è. Provo un senso di gelo. La carta è la nostra vita, tutti i nostri soldi vengono da lì. Nella mia mente cominciano a sfilare immagini terribili: i cani scheletrici che si divorano a vicenda, i cuccioli (ne hanno fatti altri, accidenti) che guaiscono sempre più debolmente, Ken con la pancia gonfia, le costole sporgenti e i capelli rossi come i bambini somali, Immaculée che si prostituisce al Tropicana con la gonna stretta e le calze a rete, mia suocera che malgrado gli 84 anni ci prova al Black & White con una parrucca bionda, i tacchi a spillo e la bocca impiastricciata di rossetto, le nipotine che mi guardano come se fossi un mostro, i boys che si ammutinano brandendo il machete, mia moglie che mi getta addosso un fascio di banconote dicendo con disprezzo “l’ho fatto per i cani”, mia cognata Donatilla che dice “l’ho sempre detto che sei un morto di fame”. Tutto il mio mondo che mi crolla addosso. Disperato, striscio a quattro gambe esplorando ogni centimetro di pavimento.
A un tratto vedo un paio di stivali e alzo lo sguardo su un gigantesco guardiano con appeso al collo un aggeggio che sembra una mitragliera contraerea. “Ha un problema?”, chiede con freddezza. Il tono sembra implicare che il problema merita come minimo la pena capitale. “Non trovo più la carta!” grido. “E’ caduta per terra ed è sparita!” Il guardiano sembra considerare l’idea di chiamare un’ambulanza, ma in quel momento nella stanza entra un tizio sorridente. “Per caso questa è la sua carta?” chiede, mostrandomi una carta VISA con scritto il mio nome. “Sì!” rispondo, strappandogliela di mano. “Ma dove…” “Là”, risponde il tizio, indicando con il pollice l’interno della banca.
Ma com’è possibile? Non sono mai entrato nella banca. Per entrare si viene perquisiti come all’aeroporto, bisogna lasciare macchine fotografiche e cellulari. Com’è possibile che dal pavimento della stanza dei bancomat la carta sia andata nella banca? Magia africana.
Dragor
Ultimi commenti