______________________________________________________________________
Spiaggia a Gisenyi. Sullo sfondo Goma
______________________________________________________________________
Gisenyi è legata in modo particolare alla storia alla nostra della nostra famiglia. Nel 1957 mia suocera Marguerite abitava là con suo marito Donat, chef della città. Quando sono scoppiati i primi pogrom anti-Tutsi, le squadre razziste hanno bruciato la loro casa e aggredito Donat a colpi di machete. Poiché era un tipo gentile e anche i razzisti gli volevano bene, invece di colpirlo di taglio lo hanno colpito di piatto, spaccandogli i denti ma lasciandolo intero. In ogni caso l'avvertimento è bastato. Marguerite e Donat si sono rifugiati nella vicina Goma, in Zaire, da dove si sarebbero successivamente trasferiti a Bujumbura per non tornare in Rwanda che nell'ottobre del 1994, dopo la Liberazione. Nel frattempo avevano fatto 12 figli.
Nel 1996 mi trovavo a Gisenyi come membro di una missione svizzero-danese che doveva fare un rapporto sugli orfani del genocidio e sulla regolarità delle elezioni. Alloggiavo in un grazioso albergo chiamato Hôtel du Nord (ai cinefili questo nome ricorderà la grande Arletty) in compagnia di Hans, un anziano professore di fisica danese, uno degli ultimi membri viventi della scuola di Copenaghen. Nell'albergo c'era anche Colette Braeckman, inviata speciale del quotidiano belga "Le Soir", che aveva la faccia gonfia perché un ufficiale zaïrois l'aveva presa a schiaffi. Infatti l’incauta aveva osato scrivere sul suo giornale che le truppe rwandesi si erano impadronite di Bukavu. Era appena scoppiata la prima guerra del Kivu. Dopo avere inutilmente pregato per 2 anni l'ONU di fare qualcosa per disarmare le squadre di genocidari Interahamwe e i militari delle ex FAR che dopo la Liberazione si erano rifugiati in Zaire e da lí terrorizzavano le popolazioni frontaliere del Rwanda con blitz sanguinosi, il presidente rwandese Paul Kagame aveva deciso di provvedere con i mezzi di bordo e inviato le truppe oltre frontiera, un'azione che si sarebbe successivamente rivelata la spallata finale al regime di Mobutu. Cosí gli Zaïrois tiravano sui Rwandesi, i Rwandesi tiravano sugli Zaïrois e la maggior parte dei colpi finiva sul nostro Hôtel du Nord che stava in mezzo.
_________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________
L'Hôtel du Nord, oggi Musanto House Hotel.
________________________________________________________________________
Non avendo alternative, ci siamo attaccati alla birra. Dopo qualche decina di bottiglie, eravamo abbastanza sbronzi per fare un voto: se fossimo sopravvissuti, ci saremmo ritrovati tutti e tre a Nizza (ovviamente la mia città ha steso secche Bruxelles e Copenaghen). Poiché siamo sopravvissuti, Hans non soltanto è venuto a Nizza ma si è anche comprato una casa. Invece Colette non si è fatta vedere.
E adesso, mentre guardo il tramonto sul Kivu in attesa di passare in Congo, mi abbandono ai ricordi. La cittadina povera e malconcia del 1996 è diventata una specie di Montreux con alberghi che Montreux nemmeno se li sogna. Alloggio ancora all'Hôtel du Nord, che è stato restaurato e adesso si chiama Musanto House Hotel. Nel giardino ci sono delle magnifiche gru. Quando spiegano le ali, mi sembrano leggiadre danzatrici.
____________________________________________________________________________
__________________________________________________________________________
Dragor
Sauf qu'à Montreux, il n'y a pas la rébellion du M23 au porte de la ville. Tu risques de revivre la même situation : Arletty Braeckman qui entre, le visage tuméfié, au Musanto House Hotel après une interview du porte-parole de la rébellion (elle a osé écrire sur l'accord entre le Rwanda et le RDC pour éradiquer le M23), les balles qui pleuvent sur l'hôtel, la cuite en compagnie de Colette...(tu pourras toujours lui demander pourquoi elle t'a fait faux bond)...
Bon dimanche Dragor
Scritto da: Alex | 22/07/12 a 09:40
Penso cosa sarà stato o ne è di tutti quei gorilla delle foreste intorno al Kivu, per non parlare di tutta l'altra fauna.
Tesea
Scritto da: Tesea | 22/07/12 a 11:38
Alex, Arletty Braeckman ça vaut tout le post! C'est trop fort. Sur M23 je vais écrire mardi ou mercredi. Il faut que je passe au Congo d'abord
Bon dimanche à toi aussi
dragor (journal intime)
_______________________________________________________________
Cara Tesea, puoi stare tranquilla. Dalla parte rwandese i gorilla non sono mai stati cosi' bene. Il loro numero tende ad aumentare e anche quest'anno si è fatta la cerimonia del battesimo dei gorilla nati negli ultimi 12 mesi, sulla quale avbevo scritto l'anno scorso. Sta diventando un evento di risonanza mondiale.Da parte congolese vengono segnalati dei bracconieri, ma le guardie forestale congolesi hanno chiesto l'aiuto dei militari rwandesi. Come dire che per i bracconieri non c'è scampo
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 22/07/12 a 12:36
Bellissimo post, caro Dragor.
Mi raccomando nel passaggio in Congo.
Non mi sparire di nuovo che poi mi tocca venirti a cercare in loco.
Un abbraccio affettuoso.Sempre.
Marianna
Scritto da: marianna | 22/07/12 a 19:23
I tuoi racconti evocano vicende rabbrividenti, però recano con sé una sensazione di speranza che suona confortante.
Sono passato per Nizza proprio ieri pomeriggio, la Prom' era di un candore abbagliante...
Un abbraccio.
Pim
Scritto da: Pim | 24/07/12 a 10:02
Niente Paura, cara Marianna. Tornero' con Bosco Ntaganda, almeno in fotografia. Un abbraccio, a presto!
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 25/07/12 a 16:23
Pim, io spero sempre. Soprattutto nelle situazioni disperate.
Non dirmi che a Nizza e' nevicato d'estate! :-)
Un abbraccio anche a te
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 25/07/12 a 16:28