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“Vieni al Goethe Institut, c’è una riunione di blogger”, mi ha detto Pierre al telefono. Pierre, per chi non lo sapesse, era il capo degli orfanelli troppo cresciuti che nel 2010 ho sfrattato dalla mia casa di Remera. Le sue fortune sono cominciate quel giorno, perché si è trovato un impiego d’insegnante, si è sposato con una graziosa maestrina e adesso abita in una bella casetta tutta sua mentre sua moglie si appresta a scodellare il primo marmocchio. Non finisce più di ringraziarmi: “Se mi avessi lasciato in quella casa a carico della povera Marguerite, adesso sarei ancora un morto di fame.”
Cosí sono andato al Goethe Institut e là ho scoperto Youth Literacy Organisation (YouLi), la ONG organizzatrice del seminario. YouLi vorrebbe diffondere fra i giovani l’arte di leggere e di scrivere. Il suo presidente, David Gilbert Rwagabwi, ha detto ai presenti: “Siamo eccitatissimi, oggi ospitiamo i 3 migliori blogger del Rwanda. Ci daranno dei consigli su come fare un buon blog.” Poi ha presentato la regina delle blogger rwandesi, Akaliza Keza Gara, autrice del popolare blog “I Tried to Warn You.” “Sono venuta in Rwanda 3 anni fa e non sapevo una parola di kinyarwanda” ha detto Aliza. “Non riuscivo nemmeno a comunicare con mia nonna. Ne ho parlato con mio zio e lui mi ha suggerito di scrivere le mie esperienze in un blog. Se volete aprirne uno anche voi, sono disponibile per insegnarvi a rompere il ghiaccio.”
Il secondo blogger, Eric Ngagare, è poeta e attore. Ha detto: “Non scordate che dividete qualcosa con i lettori. Se è nuovo, tanto meglio. Se non è nuovo, dovete dirlo in modo creativo. Se non siete capaci di dirlo in modo creativo, lasciate perdere che è meglio.”
Il terzo blogger, Frank Abaho, è medico al Pronto Soccorso. Ha parlato dell’aspetto commerciale: “Ho degli amici in Kenya che guadagnano discretamente con i blog. Dovete soltanto essere appassionati e consistenti. Gli inserzionisti sgomiteranno per fare pubblicità sul vostro blog.”
Poi ha parlato un aspirante blogger, Joseph Biyomelu: “Da tempo vorrei creare un blog ma ho paura che nessuno legga i miei post. Sarebbe un grave colpo per la mia autostima. Non voglio sentirmi un loser”. Poi qualcuno ha chiesto al celebre Dragor se poteva dare qualche consiglio. Ci credete? Avrei potuto parlare 6 ore sull’arte di fare un buon blog, invece ho detto: “Non ho niente da aggiungere, avete già detto tutto. Sono qui per imparare.”
Dragor
Vero, verissimo. Il desiderio di tuffarsi nel gran mare del web, il timore di perdersi, il bisogno di relazionarsi, la necessità di costruirsi una poetica... c'è tutto.
Scritto da: Pim | 23/08/12 a 18:03
e loro come hanno reagito?
Scritto da: marcello | 23/08/12 a 20:14
Dragor che ascolta gli altri senza commentare? Non ci posso credere! ;-)
E cosa insegna quel nullafacente pentito di Pierre?
A Joseph digli che sarò lieto di leggere i suoi post, se qualcuno me li traduce in italiano... :-D
Scritto da: Alberto | 23/08/12 a 23:31
Pim, quando uno dice: "Se è nuovo, tanto meglio. Se non è nuovo, devi dirlo in modo creativo" ha giù riassunto con straordinaria sintesi il principio universale dell'arte. Davvero, non vedo che cos'altro si possa dire.
dragoe (journal intime)
Scritto da: dragor | 24/08/12 a 09:57
Marcello, mi hanno chiesto perché ritenevo che avessero detto tutto e gli ho spiegato il motivo. In particolare ho sottolineato le parole di Eric.
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 24/08/12 a 10:03
Alberto, quando sono convinto non replico mai. Se replico, significa che non sono convinto. Il nullafacente pentito insegna lettere alla scuola media, sua moglie insegna alle elementari. Per Joseph, sempre che si decida ad aprire il blog, puoi ripiegare sul traduttore di Google :-)
dragor (journal intime)
Scritto da: dragor | 24/08/12 a 10:12
Apprezzo la modestia, quella autentica che solo chi è veramente grande e superiore può permettersi.
Tesea
Scritto da: Tesea | 24/08/12 a 16:06
Auguro affettuosamente tanto successo a questi giovani blogger rwandesi perché, comunque, il loro sforzo darà risultati certi e farà da traino ad altri, quelli più timorosi, che ancora non osano.
Uno spaccato interessante della gioventù rwandese ma sapevo già di altri giovani impegnati, ad esempio, nel campo della cinematografia o del teatro.Proprio come tu confermi.
Belle intelligenze.
Marianna
Scritto da: marianna | 31/08/12 a 17:05