NOI BLOGGER siamo la spia delle dittature: meno un regime è democratico, più siamo perseguitati. E non c’è da stupirsi, visto che siamo la rivoluzione dell’informazione. C’infischiamo delle veline, le intimidazioni non ci spaventano, sfatiamo i tabù, i dogmi ci fanno ridere, ignoriamo la censura. Nessuno può licenziarci perché non siamo mai stati assunti. Poiché non conosciamo frontiere, facciamo circolare dappertutto le informazioni proibite, in particolare là dove si vorrebbe censurarle. Siamo milioni d’inafferrabili Primule Rosse. Per questo le dittature ci temono come la peste e perfezionano continuamente nuove tecnologie per censurare, filtrare e limitare l’accesso a Internet. Quando falliscono, arrestano qualche blogger e lo sbattono in galera nella speranza di costringere gli altri ad autocensurarsi. Per la prima volta nel mondo nel 2008 il numero dei blogger imprigionati ha superato quello dei giornalisti cartacei. Chi vuole tapparci la bocca? Secondo l’organizzazione americana Commitee to Protect Journalits (CPJ), ecco in ordine decrescente la lista dei 10 paesi dov’è più pericoloso fare il blogger.
1) BIRMANIA:
I censori limitano ogni attività Internet, cosicché soltanto l’uno per cento della popolazione dispone di un collegamento. I militari presidiano i cybercafé, il governo è in grado di controllare le e-mail e di cancellare i siti sgraditi. Almeno due blogger sono in prigione fra cui il popolare Zarganar, al secolo Maung Tura, condannato a 59 anni per avere denunciato l’inefficienza del governo dopo il ciclone Nargys.
2) IRAN
Le autorità arrestano e imprigionano i blogger che criticano la religione, i personaggi politici, la Rivoluzione islamica e i suoi simboli. Il governo ordina a tutti i blogger di registrarsi presso il Ministero dell’Arte e della Cultura. Gli ufficiali governativi dichiarano di avere bloccato milioni di siti Web . Una polizia specializzata in Internet, creata apposta, collabora con i servizi segreti. I blogger che promuovono la “corruzione, la prostituzione e l’apostasia” sono punibili con la morte.
3) SIRIA
Il governo usa dei filtri per bloccare i siti più sensibili. Le autorità arrestano i blogger che attentano “all’unità nazionale” e che pubblicano materiale stimato “falso” o “nocivo all’unità della nazione.” L’autocensura è molto diffusa. Nel 2008 il Ministero delle Comunicazioni ha obbligato tutti i proprietari di caffè Internet a identificare ogni cliente, registrare l’ora di frequenza, i siti consultati e consegnare la documentazione alle autorità. Queste perseguitano i blogger che criticano il governo. Waed al-Mana viene attualmente giudicato per avere criticato la demolizione di un mercato nella città antica.
4) CUBA
Soltanto i membri del governo e le persone legate al Partito Comunista hanno accesso al Web. La popolazione può collegarsi soltanto per mezzo di costose carte presso gli alberghi o in Internet cafè controllati dal governo. Alcuni blogger come Yaonui Sanchez scrivono sulla vita quotidiana e criticano il governo. Due blog sono ospitati all'estero e bloccati sull’isola. Soltanto i blogger favorevoli al governo possono pubblicare sui siti interni.
5) ARABIA SAUDITA
E’ impossibile accedere a circa 400.000 siti, in particolare a quelli che trattano argomenti sociali, politici o religiosi. L’autocensura è molto diffusa. A parte il materiale “indecente”, l’Arabia Saudita blocca “tutto quello che è contrario allo Stato e al suo sistema". Nel 2008 i capi religiosi hanno invocato frustate e decapitazione per i blogger che pubblicano materiale contrario all’etica.
6) VIETNAM
I blogger non osano pubblicare notizie indipendenti. Lo Stato controlla tutti i media. Le autorità hanno chiesto a Yahoo, Google e Microsoft di denunciare i blogger che utilizzano le loro piattaforme. Lo scorso settembre il blogger Nuguyen Van Ha, conosciuto come Dieu Cai, è stato condannato a 30 mesi di prigione per evasione fiscale. Le ricerche hanno dimostrato che in realtà si tratta di rappresaglia per i suoi post.
7) TUNISIA
Il servizio Internet richiede che i blogger riferiscano regolarmente al governo il loro indirizzo IP e altre informazioni. Tutto il traffico Internet passa attraverso una rete centrale, in modo che il governo possa controllare e filtrare le e-mail. Il governo dispone di molte tecniche per intralciare i blogger: sorveglianza, sabotaggio elettronico, restrizione della libertà di movimento. Slim Boukhdhir e Mohamed Abbou hanno scontato pene detentive per i loro post.
8) CINA
Con quasi 300 milioni di persone online, più di qualunque altro paese al mondo, la Cina ha una vivace cultura digitale. Ma le autorità cinesi mantengono il programma di censura più totalitario del mondo, imitato da molti altri paesi. Il governo filtra le ricerche, blocca i siti critici, cancella gli articoli sovversivi e controlla il traffico e-mail. Poiché la stampa cinese è strettamente controllata, spesso sono i blogger a dare le notizie accompagnandole con commenti significativi. Per esempio sono stati i blog a dare informazioni sul terremoto del 2008. Ma i blogger che esagerano nell’esprimere opinioni sgradite al governo finiscono in prigione. Secondo le ricerche del CPJ, attualmente almeno 24 vedono il sole a scacchi.
9) TURKMENISTAN
Il presidente Gurbanguly Berdymuhammedov ha promesso accessi pubblici a Internet. Ma il primo caffè Internet aperto al pubblico, nel 2007, era sorvegliato da soldati, le connessioni erano irregolari, i prezzi astronomici e le autorità impedivano l’accesso a certi siti. Dal 2005 l’azienda di telecomunicazioni russa MTS offre accesso Internet per i cellulari, ma i clienti devono impegnarsi per contratto a evitare i siti critici nel confronti del governo.
10) EGITTO
Le autorità non bloccano molti siti Web ma controllano l’attività Internet. Tutto il traffico passa attraverso i servizi Telecom egiziani. Le autorità imprigionano regolarmente i blogger critici nei confronti del governo. Secondo la stampa locale, soltanto nel 2008 ne sono stati imprigionati più di 100. Qualcuno è stato rilasciato poco tempo dopo, qualcuno detenuto per mesi senza processo. Molti blogger imprigionati hanno denunciato maltrattamenti e qualcuno è stato torturato. Il blogger Abdel Karim Suleiman, conosciuto online come Karim Amer, sta scontando 4 anni di prigione per avere parlato male del presidente egiziano Hosni Mubarak.
CARI DITTATORI, non ce la farete mai. State combattendo una battaglia persa. Per uno che zittite, mille di noi prendono il suo posto e gridano ancora più forte tutto quello che non volete sentire. Controllate, censurate e arrestate finché volete, ma l’onda dei blogger vi travolgerà.
Dragor
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