E' sempre la solita bouillasse, pensa le Niçois risentito mentre allunga 50 $ al taxista cubano e guarda il tetro edificio neogotico con un portone che sembra quello delle Baumettes, la prigione marsigliese. Non si può dire che facciano molto per rallegrare quei poveri pitchouns. Si avvicina al portone e bussa tre volte con il pesante battente di ferro.
- Siamo chiusi - lo informa un tizio socchiudendo il portone.
- No, siete aperti - replica le Niçois dando al portone una spinta che lo spalanca di colpo stampando il tizio contro il muro.
Entra nell’atrio e infila il corridoio alla ricerca del pitchoun, la piccola persona per la quale ha attraversato l’Atlantico. Gli scappa uno sghignazzo mentre pensa alla faccia di Tony Guizzo la sera prima, quando il coco se lo è visto capitare nel suo foutoir, My Favorite Things, mentre se la spassava con le sue cose favorite, una sfilza di meufs, e ha sicuramente sudato freddo temendo che le Niçois fosse venuto a ricuperare i soldi per quella partita di “pizze” consegnata e mai pagata, invece le Niçois ha ricuperato una cosa che non c’entrava niente, il sax tenore del quidam che suonava sul palco, poi ha dato il ritmo a quello zombie di un drummer e infilato un centinaio di chorus che avrebbe fatto sembrare John Coltrane un dilettante. Il brutto era che poi era andato sul sentimentale sparando la sua celebre versione di Blueberry Hills, uno sciacquabudella talmente toccante che al confronto Julio Iglesias pareva un rappeur dei Quartiers Nord di Marsiglia, una ratatouille così sciropposa che avrebbe fatto piangere anche i sassi, una bouillasse così struggente che dopo 3 minuti in tutto il maledetto bar à chattes non c’era più un occhio asciutto, le nanas erano dovute scappare nelle chiottes per rifarsi il maquillage e perfino Tony Guizzo si era soffiato ripetutamente il naso. Non sarebbe stato un male se anche lui, le Nicois, non si fosse piagnucolato addosso mentre pensava a quello che lo aspettava il giorno seguente...
Adesso è il giorno seguente e le Niçois vuole scoprire la verità. Una volta per tutte. Perché ne ha abbastanza del dubbio che lo assilla. Vede un mec con un look alla Fidel Castro, a parte il fatto che porta la sottana, e lo apostrofa senza preamboli.
- Sei tu il capo di questa fottuta baracca?
- Sono il priore - lo corregge Fidel gelido. - Dell'Ostello Cedri del Libano per Bambini Abbandonati.
- Dov’è Pat O’Pillar?
- Lei è un parente? - domanda Castro. - Perché altrimenti...
- Lo sono - dichiara le Niçois, e aggiunge mentalmente “forse”.
Ma preferisce sorvolare sul forse, perché significherebbe che... no, l’alternativa lo fa sudare freddo.
- Pat è nella cappella - lo informa il barbudo. - Deve recitare 500 paternoster e 500 avemarie perché ha ricattato i compagni più piccoli per farsi consegnare la loro razione di marmellata. Sembra che avesse organizzato un racket in piena regola, quel piccolo delinquente...
Un racket?, pensa le Niçois con orgoglio mentre un caldo sentimento si espande nel suo petto, s’impadronisce del suo cuore e lo coccola affettuosamente come se fosse un pitchoun nella culla. Piccolo delinquente? Ma allora è vero. Allora non ha attraversato l’Atlantico per niente, non è venuto in quel fottuto bled per niente, non ha tralasciato per niente di far fuori Pascal Rossi, il caïd dei corsi, per sequestrargli la merce mentre i cinesi gliela consegnano nel Vieux Port. Questa è la prova che cercava. Pat O’Pillar è chiaramente il figlio di suo...
Dragor
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